giovedì 30 ottobre 2008

I Fondi affondano!!!

LA VIA CRUCIS DEGLI ATA EX ENTI LOCALI In rosso i rendimenti dei fondi pensione, ma non si può abbandonare la nave che si inabissa

È vero: le bugie hanno le gambe corte. È proprio questo il caso dei fondi “pensione”.

Vi ricordate quando padroni, assicurazioni, istituzioni finanziarie e bancarie, governi e partiti di centrodestra e centrosinistra, sindacalisti di Cgil-Cisl-Uil-Ugl proclamavano ai quattro venti che l’unica possibilità per i lavoratori di salvare la propria pensione era

quella di aderire, versandovi il proprio Tfr, alla previdenza privata?

Adesso però pare che nessuno voglia assumersi la responsabilità del tracollo cui stanno andando incontro i fondi “pensione” (chiusi o aperti o individuali non fa grande differenza).

Nell’inserto economico de Il Corriere della Sera, Roberto Bagnoli, titolava “L’inflazione spinge il Tfr e manda i fondi al tappeto”, nel sottotitolo si legge che dal maggio 2007 al maggio 2008 mediamente i fondi di categoria hanno perso l’1,9%, mentre il Tfr si è apprezzato del 3,6% netto (qualche esempio: linea bilanciata dei metalmeccanici Cometa –5%; linea bilanciata azionaria dei chimici Fonchim –8,3%; linea bilanciata degli autoferrotranvieri Priamo –2,1%; linea bilanciata azionaria delle telecomunicazioni Telemaco -9,6%).

Il medesimo giornalista, neanche un mese dopo (lunedì 16 luglio 2008) sempre sull’inserto Corriere economia, rincara la dose ed il titolo del suo articolo è di questo tenore: “Fondi pensione, il rosso è più acceso”; nel testo esamina l’andamento dei fondi pensione chiusi (quelli gestiti da padroni e sindacati) riferito al primo semestre del 2008 e, corredato da ponderose ed inequivocabili tabelle, il risultato che ne vien fuori è a dir poco strabiliante: in soli sei mesi, 12 da gennaio a giugno di quest’anno, mediamente i Fondi di categoria hanno perso il 2,7%, mentre il Tfr ha guadagnato il 2%.

Dal 2000 al 2008 (nonostante il 2004, 2005, 2006 siano stati anni di vacche grasse per le borse), nessun Fondo pensione di categoria è riuscito a raggiungere il rendimento complessivo del Tfr: +27,7%.

Da ricordare anche che tra i vari fondi quelli che hanno registrato deficit più contenuti o il cui rendimento si è avvicinato di più a quello del Tfr sono i comparti a linee d’investimento garantite, quelle teoricamente meno rischiose; gli altri invece hanno avuto perdite molto più pesanti. Infatti tutti i fondi pensione esistenti si sono strutturati a gestione multicomparto secondo linee d’investimento di difficoltà crescente.

Anche il fondo pensione per i dipendenti della scuola pubblica, Espero (i cui rendimenti

però finora sono solo virtuali), alla fine del gennaio 2008 si è strutturato in due comparti: garanzia e crescita.

Ma leggiamo, dal sito di Espero, le informazioni relative ai comparti: “Con il comparto «garanzia», Espero si rivolge a quegli associati che fossero prossimi al pensionamento e/o a quegli associaticon nessuna propensione al rischio che preferiscono il mero mantenimento del patrimonio. L’obiettivo affidato al gestore che opera con strumenti

monetari è di conseguire risultati comparabili con il Tfr. Al gestore è chiesto comunque di assicurare almeno il valore nominale del patrimonio conferito. In questo caso la garanzia per l’aderente sarebbe di non perdere oltre l’inflazione. Il comparto «crescita» si rivolge invece a quegli associati che prediligono l’obiettivo di conseguire una crescita reale del loro investimento (recupero dell’inflazione +2%) come risultato medio annuo atteso in un orizzonte temporale non inferiore a cinque anni e sono disposti ad accettare anche rendimenti annuali negativi. Il portafoglio è comunque costruito per conseguire nel quinquennio risultati che con elevata probabilità neutralizzino le eventuali perdite di un dato periodo e consentano il dato positivo finale definito dall’obiettivo”.

Veramente incredibile la faccia di bronzo di sostenitori e spacciatori dei fondi.

Ma per quale motivo il lavoratore dipendente vicino alla pensione dovrebbe mollare il proprio Tfr (o - peggio ancora - l’ancor più conveniente Tfs se dipendente pubblico assunto entro il 2000) per una linea d’investimento che garantisca esclusivamente di avere un rendimento paragonabile (si badi non uguale) al Tfr, o che addirittura assicuri soltanto il valore nominale (senza perciò l’inflazione) di quanto investito? E per quale motivo il lavoratore


dipendente giovane dovrebbe giocarsi il proprio salario differito e una parte del proprio reddito, essere disposto anche a perdere per alcuni anni quelli che per lui sono un sacco di soldi, per inseguire la probabilità (si badi non la certezza) di un risultato positivo? A quando la proposta dei fondi salario?

Perché non arrivare, per pagare il lavoro, ad erogare a fine mese, invece dello stipendio un pacchetto di azioni ed obbligazioni? È uno scenario surreale?

Forse. Però, quando, nel pieno dell’estate, veniamo allietati dalla presentazione del libro verde del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, dal titolo involontariamente dadaista “La vita buona nella società attiva”, in cui viene caldeggiata la necessità di elevare, dopo il 2013, ancora una volta l’età pensionabile e ricorrere sempre più ai fondi pensione (altro che integrativi, ormai decisamente sostitutivi della previdenza pubblica definitivamente azzerata), a cui si aggiunge il grazioso omaggio dei fondi sanitari, allora la risata diventa un ghigno amaro.

Teniamo a sottolineare che la nuova legge che regolamenta i fondi pensione è stata varata dal governo Berlusconi nel 2005, suo massimo sponsor era stato l’allora ministro del lavoro, il leghista Roberto Maroni quindi quando Umberto Bossi, durante la campagna elettorale, cianciava di difendere il Tfr dei lavoratori per restituirlo ai suoi legittimi proprietari, dichiarava consapevolmente il falso; la legge sarebbe dovuta entrare in vigore a gennaio 2008, ma il governo Prodi ha ritenuto opportuno (“per movimentare l’asfittico mercato finanziario italiano”, come diceva l’ex ministro del lavoro Cesare Damiano) anticiparla al 2007; solo così, (come riconosce, nella sua relazione annuale, il presidente della Covip, società di vigilanza sui fondi pensione, Luigi Scimìa), un po’ di lavoratori ha abboccato all’amo e si è iscritto ai fondi pensione, altrimenti, dopo la crisi finanziaria partita nella scorsa estate in seguito allo scoppio della bolla speculativa dei mutui subprime Usa, nessuno sarebbe cascato in trappola.

Tutti, centrodestra e centrosinistra, Cgil-Cisl-Uil e Confindustria, banche e assicurazioni, hanno cercato di abbindolare lavoratori e lavoratrici; la truffa è aggravata dal fatto che, una volta iscritto ad un fondo pensione, il lavoratore non può più uscirne; ma questo era un particolare che a padroni, finanzieri, governi e sindacati di stato non interessava.

Adesso scoprono che, nonostante l’ossessivo tam tam pubblicitario orchestrato l’anno scorso (in buona parte con soldi pubblici) a favore dei fondi, si sono realizzate soltanto 700.000 nuove iscrizioni, per un totale complessivo di poco più del 20% di lavoratori iscritti, un fallimento rispetto all’obiettivo, sbandierato prima dal governo Berlusconi, poi dal governo Prodi, di raggiungere


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il 40% di adesione ai fondi fra tutti i lavoratori dipendenti, e che il numero più basso di adesioni si riscontra proprio tra quei giovani per i quali i fondi sarebbero indispensabili.

Perciò, a partire dal ministro del lavoro Sacconi, dal presidente della Covip Scimìa e da

qualche sindacalista della Cgil come Morena Piccinini (che è la vice di Bombassei, alla presidenza dell’Assofondipensione, associazione che coordina e promuove i fondi pensione), cominciano a sostenere che è meglio eliminare il divieto di uscita dai fondi pensione, così magari più lavoratori si iscriveranno ai fondi.

Lo fanno per il proprio tornaconto, usando un linguaggio ambiguo, a volte repellente:

“Il successo della riforma è stato molto parziale e c’è bisogno di alcuni correttivi. Il fatto che il conferimento del Tfr alla previdenza complementare sia irreversibile ha spinto molti a rimandare questa decisione. È opportuno consentire qualche possibilità di uscita, per esempio dopo un determinato periodo e per i futuri accantonamenti, anche se per raggiungere risultati adeguati l’accumulo previdenziale deve essere continuativo” (Sacconi);

“Bisogna evitare soluzioni che consentano di uscire liberamente dal sistema ma si può consentire, a determinate condizioni, d’interrompere o sospendere il flusso di Tfr” (Scimìa).

Proprio democratici! Peccato che lo siano a posteriori, dopo aver combinato il guaio.

Ma noi vogliamo prenderli in parola, accettiamo la sfida, convinti che questa sia una battaglia da giocare sino in fondo, bisogna e si può vincerla.

Pertanto invitiamo tutti i lavoratori che malauguratamente siano cascati nella trappola-ergastolo dei fondi pensione a fare pressione e scontrarsi con i propri sindacalisti di riferimento (non è un caso che le adesioni ai fondi siano più numerose nelle aziende dove sono maggiormente presenti Cgil-Cil-Uil e che molto spesso i delegati Rsu si siano trasformati in promoter finanziari) e pretendere la cancellazione della clausola dell’irreversibilità e quindi la possibilità immediata di uscire dai Fondi pensione.


Il Tfr non va giocato alla roulette russa dei fondi pensione, se c’è qualche lavoratore che vuole provare il piacere del rischio, lo faccia per conto suo, chi invece, come Cgil-Cisl-Uil, si è trasformato in biscazziere e piazzista di fondi, è meglio che lasci perdere.


mercoledì 29 ottobre 2008

APPELLO PER UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE UNITARIA DI TUTTO IL POPOLO DELLA SCUOLA PUBBLICA:

LA VIA CRUCIS DEGLI ATA EX ENTI LOCALI

insegnanti, ata, studenti, genitori costruiamo assieme una giornata di mobilitazione nazionale a Roma per dire no alle politiche scolastiche del trio Gelmini-Tremonti-Brunetta e per difendere la scuola pubblica

L’anno scolastico 2008-2009 si è aperto sotto l’infausto segno dei catastrofici provvedimenti del governo Berlusconi, dei suoi ministri della scuola, dell’economia e della pubblica amministrazione che gareggiano per raccogliere tutto il peggio delle politiche scolastiche dei precedenti ministri Berlinguer, Moratti e Fioroni e assestare il colpo definitivo alla scuola pubblica, disgregandola, impoverendola e ridicolizzandola all’inverosimile.

L’unico obiettivo del governo (e anche della finta opposizione, che, quando ha governato, ha favorito non poco questa terrificante deriva) è il risparmio e la distruzione della scuola pubblica a tutto vantaggio di quella privata.

Mentre l’intero sistema finanziario e liberista è al tracollo, immiserendo ulteriormente milioni di italiani/e, il messaggio che si invia al popolo è: non ci sono soldi, bisogna tagliare la scuola pubblica, la sanità pubblica, le pensioni, lo stato sociale.

E' cosi arduo, invece, chiedere di abolire gli oltre 750 milioni di euro destinati alle scuole paritarie e tutti gli altri investimenti per le spese militari?

E' così arduo dire che prima di mettere in liquidazione migliaia di insegnanti, si sarebbe potuto fare cassa abolendo le province, riducendo gli stipendi ai parlamentari, elevando la tassazione sulle rendite finanziarie, aumentando la tassazione sulla pubblicità, eccetera , eccetera?

In questo mese e mezzo moltissime sono state le iniziative di lotta per fermare i decreti di Gelmini e Brunetta, culminate con lo straordinario corteo (e sciopero) del 17 Ottobre a Roma dove 500 mila docenti, Ata, studenti, genitori sono scesi in piazza perché hanno trovato intollerabile che dopo decenni di liberismo trionfante, si ammette che lo stato i soldi li ha ma che li vorrebbe investire tutti a difendere e finanziare banche e banchieri fraudolenti e pirateschi. Visto che i soldi ci sono investiamoli per aumenti salariali, per vere pensioni, per eliminare la piaga del precariato, per dare posti stabili, per investire nella Scuola e nella Sanità pubblica.

Oggi, 30 Ottobre, è un’altra importante giornata di mobilitazione che, assieme a quella del 17, dice chiaramente che il popolo della scuola è, nel suo complesso, contrario alle leggi berlusconiane.


Questo movimento di lotta in difesa della scuola pubblica che oltre ai sacrosanti NO, presenta anche una valanga di SI (rispondendo così anche alle faziose dichiarazioni fatte dal capo dello stato Napolitano dopo la manifestazione del 17).

• SI a massicci investimenti nella scuola pubblica,

• SI alla massima accoglienza di migranti e portatori d'handicap attraverso il potenziamento delle elementari e delle materne,

• SI a significativi aumenti salariali che portino al più presto docenti ed ATA a stipendi europei,

• SI all'assunzione dei precari, spremuti in questi anni come limoni, sottopagati e privati dei più elementari diritti di lavoratori,

• SI ad una scuola dell'accoglienza, che non discrimini, non separi, non minacci, non pensi di risolvere i problemi della didattica a colpi di 5 in condotta e grembiulini.

Però oggi é altrettanto necessario, anche all’interno del movimento,fare chiarezza:

Non è possibile accettare le posizioni di chi non solo condivide tutta la linea "di serietà" gelminiana, ma propone anche il maestro prevalente, le supplenze ammazza-precari (Snals); di chi è disposto a trattare sui tagli, cioè "tagli umanitari e concordati" ( Garavaglia , ministro ombra del PD "volevamo tagliare per 6 ml, loro sono arrivati a 8 e sopratutto non hanno voluto discutere con noi"); di chi annuncia il ritiro dello sciopero (del 30) in cambio di un invito berlusconiano a discutere come articolare i tagli (insomma, il modello Alitalia) e che afferma che si è stufato di perdere tempo con la scuola e vorrebbe "occuparsi di cose più importanti" (Bonanni); di chi non solo conferma la possibilità di revoca dello sciopero ma approva anche il modello-scuola di Gelmini, nonché forme di maestro prevalente e di rimodulazione dei tagli (Angeletti); di chi difende l’autonomia scolastica, la legge che oggi permette alla Aprea di fare il salto di qualità: le scuole come fondazioni private dirette da Consigli di amministrazione aziendale. Lo abbiamo denunciato e continueremo a farlo, l’autonomia scolastica ha aperto la strada alla privatizzazione della scuola e questi ultimi provvedimenti governativi stanno solo “chiudendo il cerchio”.

Chiunque si muova contro i tagli deve rendersi conto che l'obiettivo del movimento non può che essere l'abrogazione della legge 133 - dal quale è derivato il piano programmatico e deriveranno tutti i decreti e regolamenti che disciplineranno tali tagli - e l’abrogazione della legge Gelmini, che immiserirebbe un insegnamento che ha reso la scuola elementare italiana apprezzatissima nel mondo, tramite la pluralità docente che ha approfondito la conoscenza disciplinare e lo spirito di collaborazione.

Auspichiamo, quindi, che dopo lo sciopero generale e la manifestazione del 17 Ottobre a Roma e dopo questa ulteriore giornata di lotta nazionale del 30 Ottobre, si voglia UNITARIAMENTE costruire una grandissima manifestazione nazionale con una semplice ma chiara piattaforma:

• Abrogazione della legge 133 e della legge Gelmini

• Ritiro del disegno di legge Aprea

• No alla trattativa col governo Berlusconi per limitare il danno dei tagli

• Si a massicci investimenti nella scuola pubblica

• SI all'assunzione dei precari su tutti i posti disponibili

lunedì 27 ottobre 2008

LA MOBILITAZIONE PER DIFENDERE L'ISTRUZIONE PUBBLICA CRESCE E SI ESTENDE

Straordinaria la giornata di sciopero del 17 ottobre scorso organizzato da Cobas, Cub, SdL, massicciamente partecipato nella scuola, con punte massime nelle principali città, dove si è si è arrivati al 60-70% di adesione, e con la metà delle scuole chiuse, ma anche con significativi risultati nella Pubblica Amministrazione, nella Sanità e nella Università, in settori del lavoro privato, soprattutto nei trasporti.

Enorme la manifestazione di Roma: il corteo ha sfilato per più di 4 ore dimostrando la presenza di svariate centinaia di migliaia di persone.

Il popolo della Scuola Pubblica , studenti di tutte le età, docenti, Ata, genitori, si è imposto con la sua partecipazione massiccia, si è fuso con la marea di lavoratori del lavoro privato e pubblico.

Consistente la partecipazione al corteo di decine di migliaia di studenti medi e universitari. Quest'ulitimi, in particolare hanno dato (e continuano a dare) vita ad un grande e partecipato movimento diffuso in tutte le università italiane, che occupa le facoltà, blocca la didattica, manifesta per le vie delle città: oggi pomeriggio uno straordianrio sit-in di 20-30.000 persone (in prevalenza studenti universitari), davanti al senato dove è in discussione il decreto gelmini, ha fatto sentire il fiato sul collo ai rappresentanti del popolo.

Insomma, la protesta e la mobilitazione contro la distruzione dell'istruzione targata Berlusconi-Tremonti- Gelmini (ma con la sostanziale complicità del centrosinistra, come ci ha confermato stasera ad Anno Zero Veltroni difendendo i peggiori arnesi del centrosinistra: autonomia, riforma dei cicli di Berlinguer, premialità, ecc.) partita dalle scuole e sostenuta da lavoratori della scuola, da genitori, da studenti medi, da tanti cittadini, è dilagata nelle università assumendo dimensioni gigantesche e coinvolgendo ulteriori strati: dottorandi, ricercatori, docenti di ruolo. Appaiono molto precise le posizioni del movimento sia della scuola che dell'università:

- non vogliamo pagare la crisi delle banche e degli speculatori finanziari

- no alla trattativa col governo Berlusconi per limitare il danno dei tagli

- il governo deve ritirare i decreti Brunetta e Gelmini.

Se il governo vuole risparmiare, tagli le esorbitanti spese militari e quelle elefantiache per mantenere un sistema politico corrotto e che non rappresenta i cittadini italiani.

Il progetto berlusconiano di ridurre a puri simulacri la scuola e l'università statale per fare arricchire i gestori di quelle private non passerà.

Per approfondire e tenersi aggiornati sulle mobilitazioni:

www.cobas-scuola.it www.cespbo.it

domenica 26 ottobre 2008

LE PROPOSTE DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DELLE SCUOLE IN LOTTA

Si è riunita lo scorso 18 ottobre, a Roma, l'assemblea nazionale delle scuole in lotta contro le politiche berlusconiane che tendono a distruggere la scuola pubblica, promossa da un coordinamento di scuole romane in lotta.

Presenti complessivamente 200 persone circa, provenienti da una undici regioni (poco sud: Campania, Sicilia, Sardegna e molto centro-nord.

Numerosi gli interventi specialmente quelli dei docenti. Hanno preso la parola anche alcuni genitori e uno studente dell'università di Roma che ha invitato il movimento della scuola ad unirsi con quello dell'università perché gli obiettivi sono comuni. Tutti gli interventi dato un giudizio molto positivo sulls riuscita dello sciopero del 17 e hanno sostenuto la netta opposizione a quanto il governo Berlusconi sta facendo in campo scolastico. Diversificazioni sono emerse invece su tempi e modalità di prosecuzione della mobilitazione. L'assemblea, infatti, è stata caratterizzata da un vivace scontro tra una componente maggioritaria che fa riferimento ai Cobas e una minoritaria che fa capo alla sinistra Cgil: quest'ultima (camuffata sotto sigle di coordinamenti cittadini) si espressa per la partecipazione allo sciopero dei sindacati concertativi del prossimo 30 ottobre, (pur affermando che la piattaforma di indizione non è condivisibile) allo scopo di rovesciarne i contenuti e far emergere quelli più radicali del movimento. La maggioranza dei partecipanti non si riconosceva in questa posizione considerandola un mandato ai concertativi di andare a trattare col governo sui tagli. Vista l'impossibilità di far passare la sua posizione, sul finire della riunione, al momento di individuare le proposte largamente condivise emerse, la sinistra Cgil di Milano e Torino hanno abbandonato l'assemblea. In ogni caso i lavori sono proseguiti e sono uscite le seguenti proposte, che avanzeranno se ci sarà la volontà di sostenerle nelle varie realtà di lotta:

1) assemblee regionali e territoriali l'8 novembre;

2) una giornata nazionale di mobilitazioni il 15 novembre a carattere regionale e provinciale;

3) un'assemblea nazionale con gli studenti universitari e medi il 16 novembre a Roma;

4) una possibile manifestazione nazionale a Roma di tutto il popolo della scuola pubblica il 6 dicembre, sulla base anche di una stretta alleanza tra lavoratori scuola-università e studenti universitari e medi.

sabato 25 ottobre 2008

BERLUSCONI A SCUOLA DA COSSIGA (l'intervista integrale all'ex Presidente della Repubblica)

Una forcaiola e apparentemente delirante conferenza-stampa quella di ieri di Berlusconi, in teoria sul decreto Gelmini, in realtà centrata su una violenta dichiarazione di guerra al popolo della scuola pubblica - sceso in piazza in centinaia di migliaia venerdi scorso -, a chiunque si opponga alle politiche governative e alla stampa non "allineata".

Dopo una noiosa serie di amenità, il monarca di Arcore si è calato l'elmetto in testa, ha assunto toni di voce e cipiglio quasi mussoliniani ed ha annunciato che ordinerà al ministro degli Interni di assaltare, d'ora in poi, qualunque interruzione di lezioni nelle scuole e all'Università. Esattamente quanto chiedevano ieri in editoriali forcaioli "Il Giornale" e "Libero": quest'ultimo, sotto il titolo "Chiamate la polizia" invitava, in un editoriale di Renato Farina (sul libro paga dei servizi segreti), a stroncare fantomatici picchetti (previsti dal Farina davanti a tutte le scuole per domani) mediante "calci nelle parti molli degli studenti".

Berlusconi ha annunciato, dunque, uno stato di emergenza poliziesca e l'aggressione violenta di ogni corteo, occupazione o autogestione del popolo della scuola pubblica. E un attimo dopo, davanti ad una platea sbalordita, il capo del governo ha dichiarato guerra alla stampa non "allineata" che dedicherebbe "troppo spazio alle proteste di quattro gatti", usando un linguaggio simile a quello della giunta militare argentina dopo il golpe degli anni '70, quando nella prima conferenza minacciò la stampa democratica, invitandola ad abituarsi in fretta al nuovo clima antipopolare. "Avete quattro anni e mezzo per farci il callo" ha sibilato Berlusconi.

Perchè nel momento di massima popolarità (cosi ci ripete ogni giorno re Silvio) Berlusconi dichiara guerra a chi protesta? Ci pare evidente che il capo del governo è stato colpito non solo dal mezzo milione del corteo di venerdi scorso, promosso da Cobas, Cub e SdL, e dal dilagare della protesta nelle scuole e nelle università ma sopratutto dal tema centrale delle mobilitazioni di questi giorni: "Non pagheremo noi la vostra crisi". Milioni di lavoratori, pensionati, studenti si sono sentiti dire in questi giorni che i soldi ci sono, che lo Stato può sborsare somme enormi ma che le vuole dedicare al salvataggio di banche fraudolente e di industrie decotte: e si domandano perchè, invece, i soldi non vadano ad aumentare salari e pensioni, a potenziare scuola, sanità e servizi pubblici, unico modo per riavviare sul serio l'economia.

Ventiquattr'ore dopo Berlusconi, in un'altra conferenza stampa, dichiara che le sue dichiarazioni di ieri sono state fraintese e che lui non vuol mandare i poliziotti nelle scuole. Probabilmente non ha trovato consenso neanche nella sua maggioranza oppure vuole adottare i consigli che un esperto come Cossiga gli fornisce gratuitamente in una intervista apparsa sul Quotidiano Nazionale di oggi e che riportiamo di seguito, perché molto istruttiva sui metodi che i governi adottano per stroncare i movimenti.

BISOGNA FERMALI, ANCHE IL TERRORISMO PARTI' DAGLI ATENEI

INTERVISTA A COSSIGA di ANDREA CANGINI - ROMA

Presidente Cossiga, pensa che minacciando l`uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?

«Dipende, se ritiene d`essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché l`Italia è uno Stato debole, e all`opposizione non c`è il granitico Pci ma l`evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia».

Quali fatti dovrebbero seguire?

«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».

Ossia?

«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».

Gli universitari, invece?

«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che?

«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che...

«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti?

«Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no?

«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? "In Italia torna il fascismo", direbbero.

«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».

Quale incendio?

«Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università. E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».

E` dunque possibile che la storia si ripeta?

«Non è possibile, è probabile. Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».

Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.

«Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama...».

Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente...

«Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all`inizio della contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com`era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro. La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla... Ma oggi c`è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente».

Ecco il vero volto del sistema democratico: infiltrazione di provocatori per creare casino e far intervenire la polizia per massacrare chi si oppone.

Se Berlusconi vuole evitare l'allargamento del conflitto sociale spostando tutto sul piano dell'ordine pubblico, riproducendo i meccanismi che portarono alla distruzione dei movimenti degli anni'60 e '70, ebbene, nè gli studenti, nè l'intero popolo della scuola pubblica cadranno nella trappola: non faremo un passo indietro, la lotta nelle scuole e nelle università si intensificherà, ma l'eventuale violenza del governo andrà a vuoto e si ritorcerà contro chi la sta ideando e la vuole praticare.

venerdì 24 ottobre 2008

NUOVO ATTACCO ALLE PENSIONI DEI LAVORATORI DIPENDENTI

Suona ancora l'allarme per le pensioni dei lavoratori dipendenti che hanno o avranno al 31/12/2009, i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla normativa vigente. Ad alimentare tale preoccupazione è la proposta di legge a firma di Giuliano Cazzola (ex sindacalista della CGIL, ora deputato del PDL) presentata il 16 giugno 2008, avente lo scopo di applicare, per determinare l’ammontare della pensione, il sistema di calcolo contributivo anche nei confronti di quanti hanno già maturato il diritto al sistema di calcolo retributivo, potendo far valere un’anzianità retributiva al 31 dicembre 1995 pari o superiore a 18 anni.

L’estensione del sistema contributivo a tutti dal 2009, naturalmente, è penalizzante per ciascun lavoratore dipendente del privato e della pubblica amministrazione, in quanto comporta una riduzione dell'ammontare dell'assegno pensionistico.

giovedì 23 ottobre 2008

Berlusconi va alla guerra

Una forcaiola e apparentemente delirante conferenza-stampa quella di oggi di Berlusconi, in teoria sul decreto Gelmini, in realtà centrata su una violenta dichiarazione di guerra al popolo della scuola pubblica - sceso in piazza in centinaia di migliaia sabato scorso -, a chiunque si opponga alle politiche governative e alla stampa non "allineata".

Berlusconi ha iniziato, da principe dei cantastorie, tirando le orecchie alla Gelmini, "colpevole" di aver parlato di maestro unico, mentre all'orizzonte ci sarebbe addirittura una marea di maestre, intorno ad una "prevalente", una di informatica, una di inglese, una di religione e una di educazione fisica. Ma dopo una noiosa serie di amenità del genere, il monarca di Arcore si è calato l'elmetto in testa, ha assunto toni di voce e cipiglio quasi mussoliniani ed ha annunciato che ordinerà al ministro degli Interni di assaltare, d'ora in poi, qualunque interruzione di lezioni nelle scuole e all'Università.

Esattamente quanto chiedevano stamattina in editoriali forcaioli "Il Giornale" e "Libero": quest'ultimo, sotto il titolo "Chiamate la polizia" invitava, in un editoriale di Renato Farina, a stroncare fantomatici picchetti (previsti dal Farina davanti a tutte le scuole per domani) mediante "calci nelle parti molli degli studenti". Berlusconi ha annunciato, dunque, uno stato di emergenza poliziesca e l'aggressione violenta di ogni corteo, occupazione o autogestione del popolo della scuola pubblica.

E un attimo dopo, davanti ad una platea sbalordita, il capo del governo ha dichiarato guerra alla stampa non "allineata" che dedicherebbe "troppo spazio alle proteste di quattro gatti", usando un linguaggio simile a quello della giunta militare argentina dopo il golpe degli anni '70, quando nella prima conferenza minacciò la stampa democratica, invitandola ad abituarsi in fretta al nuovo clima antipopolare. "Avete quattro anni e mezzo per farci il callo" ha sibilato Berlusconi. Perchè nel momento di massima popolarità (cosi ci ripete ogni giorno re Silvio) Berlusconi dichiara guerra a chi protesta?

i pare evidente che il capo del governo è stato colpito non solo dal mezzo milione del corteo di venerdì scorso, promosso da Cobas, Cub e SdL, e dal dilagare della protesta nelle scuole ma sopratutto dal tema centrale delle mobilitazioni di questi giorni: "Non pagheremo noi la vostra crisi". Milioni di lavoratori, pensionati, studenti si sono sentiti dire in questi giorni che i soldi ci sono, che lo Stato può sborsare somme enormi ma che le vuole dedicare al salvataggio di banche fraudolente e di industrie decotte: e si domandano perchè, invece, i soldi non vadano ad aumentare salari e pensioni, a potenziare scuola, sanità e servizi pubblici, unico modo per riavviare sul serio l'economia. Berlusconi vuole evitare l'allargamento del conflitto sociale spostando tutto sul piano dell'ordine pubblico, riproducendo i meccanismi che portarono alla distruzione dei movimenti degli anni'60 e '70.

Ma nè noi, nè gli studenti, nè l'intero popolo della scuola pubblica cadranno nella trappola: non faremo un passo indietro, la lotta nelle scuole e nelle università si intensificherà, ma l'eventuale violenza del governo andrà a vuoto e si ritorcerà contro chi la sta ideando e la vuole praticare.


mercoledì 22 ottobre 2008

MA VERGOGNATEVI VOI, GELMINI E BERLUSCONI

Con la solita faccia di bronzo e una volontà manipolatrice Mariastella Gelmini e Silvio Berlusconi hanno definito “vergognosa” la lotta condotta da insegnanti, Ata, genitori e studenti in tantissime scuole e università contro la sua politica scolastica, i tremendi tagli, il ritorno all’antistorico maestro unico.
Chi dovrebbe vergognarsi è lei, Mariastella Gelmini: lei che tuona contro il “lassismo introdotto dal ‘68” e contro i docenti del Sud che “regalano titoli di studio” ma che non solo ha dovuto ammettere di essere andata a “raccattare” la sua abilitazione da avvocato a Reggio Calabria (perché temeva di essere bocciata a casa sua, a Brescia) ma che se ne è addirittura vantata, affermando che non aveva “tempo da perdere”; lei che cerca di ingannare i cittadini promettendo serietà nella scuola grazie all’introduzione dei grembiulini e del 5 in condotta, come se il cosiddetto “bullismo” temesse le bocciature e non fosse l’emblema più evidente del fallimento cialtronesco di venti anni di tagli e di aziendalizzazione della scuola; lei che vuole togliere il tempo pieno, il sostegno all’handicap e decine di migliaia di maestri a quei bambini che verrebbero traumatizzati dai nastrini neri e non dai ministri del suo governo che invitano alla caccia al rom e al nero, o dalla melma che esce dalle televisioni del suo mentore Berlusconi; lei che vuole immiserire licei e medie superiori con l’obiettivo del “popolo bue” drogato di TV; lei che vorrebbe cacciare, dopo che sono stati spremuti come limoni, i precari indirizzandoli a fare le “guide turistiche”.
E si vergogni lei, Silvio Berlusconi, che, probabilmente in difficoltà, annuncia uno stato di emergenza poliziesca e l'aggressione violenta di ogni corteo, occupazione o autogestione del popolo della scuola pubblica.
Noi, dal canto nostro, intensificheremo le mobilitazioni, faremo assemblee informative e lavoreremo per costruire una grandissima manifestazione nazionale insieme agli studenti e ai cittadini che vogliono salvare e migliorare la scuola pubblica.
Martedì 28 ottobre, Gelmini sarà presente a Torino ad un incontro sulla meritocrazia.
PORTEREMO I NOSTRI SALUTI AL MINISTRO
PARTECIPIAMO TUTTI/E AL PRESIDIO
DI MARTEDI’ 28 OTTOBRE 2008 ALLE ORE 20,00
PRESSO LA SEDE DELL’UNIONE INDUSTRIALE
VIA FANTI 17 - TORINO

lunedì 20 ottobre 2008

Perchè Napolitano Parla a vanvera?


LA SCUOLA ASSEDIATA

A nostra memoria, non era mai accaduto che un presidente della Repubblica - nemmeno Francesco Cossiga, il chè è tutto dire - intervenisse pesantissimamente, a "gamba testa" in linguaggio calcistico, in un conflitto sindacal-politico, come ha fatto ieri Napolitano, poco dopo la fine del gigantesco corteo di Roma (dalle 350 mila alle 500 mila presenze, a seconda dei commentatori) durante lo sciopero generale convocato dai Cobas, Cub e Sdl, con la presenza massiccia del popolo della scuola pubblica. Napolitano è corso in aiuto del governo, e in particolare della ministra Gelmini (che, frastornata dalle cifre dei partecipanti al corteo, era riuscita solo a replicare che i manifestanti non avevano capito e non erano ben informati), affermando, a proposito della politica scolastica berlusconiana, che "non si possono dire solo dei NO e non si può avere sempre paura dei cambiamenti". E questa sua esternazione è stata usata da tutta la stampa governativa in contrapposizione allo sciopero, alla manifestazione e alla ribellione generalizzata del popolo della scuola pubblica. Se nel metodo è d'obbligo pretendere che Napolitano resti nei limiti del suo ruolo e non si trasformi in sindacalista d'appoggio ai "berluscones", colpiscono ancor di più le sue parole se entriamo nel merito. Innanzitutto, perchè, al contrario, è bene avere paura, e molta, di una politica scolastica che vorrebbe razzisticamente discriminare gli alunni extracomunitari dagli italiani, cancellare duecentomila posti di lavoro, espellere in massa i precari, eliminare tutte le scuole con meno di 500 alunni e riesumare la vetusta figura della "maestra unica". E poi perchè il movimento di lotta in difesa della scuola pubblica, oltre ai sacrosanti NO, presenta anche una valanga di SI. SI a massicci investimenti nella scuola pubblica, SI alla massima accoglienza di migranti e portatori d'handicap attraverso il potenziamento delle elementari e delle materne, SI a significativi aumenti salariali che portino al più presto docenti ed ATA a stipendi europei, SI all'assunzione dei precari, spremuti in questi anni come limoni, sottopagati e privati dei più elementari diritti di lavoratori, SI ad una scuola dell'accoglienza, che non discrimini, non separi, non minacci, non pensi di risolvere i problemi della didattica a colpi di 5 in condotta e grembiulini. Ma temiamo che queste cose Napolitano le sappia benissimo. Dunque, ci si impone la domanda: perchè il presidente della Repubblica ha parlato a vanvera, schierandosi così platealmente a difesa dei "berluscones"?


LA SCUOLA ASSEDIATA

17 OTTOBRE 2008: UNA GIORNATA ASSOLUTAMENTE STRAORDINARIA

Una giornata assolutamente straordinaria, lo sciopero più grande mai organizzato dai Cobas e dal sindacalismo di base con punte massime nella scuola, dove nelle principali città si è arrivati al 60-70% di adesione, con la metà delle scuole chiuse, ma anche con ottimi risultati nel Pubblico Impiego, nei trasporti e in molti settori privati.
Enorme la manifestazione di Roma, con 500.000 persone in un corteo che ha sfilato per più di 4ore da p.za della Repubblica fino a P.za S. Giovanni, la piazza delle storiche manifestazioni sindacali, riempiendola. Massiccia la presenza del popolo della Scuola Pubblica con studenti di tutte le età, docenti e ATA, genitori e cittadini, che vogliono impedire la distruzione della Scuola Pubblica, i massicci tagli ad essa, il ripristino dell’anacronistica maestra unica, l’infamia delle classi differenziate per migranti e la restaurazione di una scuola dell’800 che discrimina, minaccia e divide.
Ma in piazza c’era anche una marea di lavoratori che trovano intollerabile che dopo decenni di liberismo trionfante, si ammette che lo stato i soldi li ha ma che li vorrebbe investire tutti a difendere e finanziare banche e banchieri fraudolenti e pirateschi. Visto che i soldi ci sono, dicono i lavoratori, investiamoli per aumenti salariali, per vere pensioni, per eliminare la piaga del precariato, per dare posti stabili, per ripristinare la scala mobile, per investire nella Scuola e nella Sanità pubblica.
Questo il messaggio di speranza e di lotta che parte dall’enorme manifestazione di Roma e che da domani, come Cobas, riporteremo in tutta Italia.
Siamo sulla buona strada, avanti così.

lunedì 13 ottobre 2008

Lo sciopero lo fanno non contro il Governo, ma contro i COBAS

Per chi aveva ancora dei dubbi:

Scuola, Bonanni: «Se il governo ci convoca per discutere revochiamo lo sciopero»

ANSA ROMA (12 ottobre) - La Cisl potrebbe rinunciare «volentieri» allo sciopero generale sulla scuola «alla condizione che il governo convochi noi e gli enti locali per discutere come si riorganizza la scuola». Lo ha affermato il segretario generale del sindacato, Raffaele Bonanni: «Siamo per la riforma della scuola di popolo, perché i lavoratori non possono mandare i figli alle scuole private ma se ne deve discutere davvero - ha detto Bonanni - Se Berlusconi vuole riappacificarsi deve convocare una riunione e so che tutto spinge in questa direzione. Così le energie potremo spenderle per cose più importanti».


Risulta sempre più evidente che lo sciopero indetto da Cgil-Cisl-Uil-Snal-Gilda per il 30 Ottobre non è stato indetto per contrastare la politica scolastica del governo Berlusconi bensì lo sciopero del 17 Ottobre proclamato dai Cobas.

Lo hanno chiamato sciopero unitario e dopo solo 2 giorni dalla proclamazione la Cisl si sfila mentre lo Snals (visitate il sito http://www.snals.it/pageditorialeHp.asp?Doc=gio2062008&Classe=CollAr&Articolo=1) annuncia la propria piattaforma:

"Le nostre proposte

Lo Snals-Confsal, che si è battuto e continua a battersi per il ripristino della serietà degli studi e per restituire il giusto valore alla scuola del “leggere, scrivere e far di conto”,non può accettare questo ritorno al passato che penalizzerebbe in primo luogo gli alunni: in un tempo scuola di 24 ore settimanali, l’offerta formativa verrebbe drasticamente ridotta, alcuni nuovi insegnamenti introdotti negli anni, come l’informatica e l’inglese, indeboliti, e la qualità della scuola compromessa.

Fermo restando che l’organizzazione modulare va salvaguardata, lo Snals-Confsal ritiene che siano possibili altre forme di contenimento della spesa nella scuola primaria: ad esempio abolendo le compresenze e prevedendo 18 ore frontali di insegnamento per ciascun docente.

Le restanti 4 ore necessarie per completare le 22 di insegnamento previste dal contratto di lavoro, potrebbero essere utilizzate per le supplenze di circolo o di plesso, il che comporterebbe una diminuzione della spesa per le supplenze brevi.

Si potrebbe inoltre ipotizzare un modello organizzativo di tre insegnanti su due classi che preveda un insegnante “prevalente”, a rotazione, almeno all’inizio del ciclo, prevedendo un orario settimanale di lezione di almeno 27 ore;sarebbero così salvaguardati moduli, tempo scuola e insegnamenti.................."

Sono queste le basi su cui i Sindacati "rappresentativi" hanno chiamato i lavoratori della scuola allo sciopero del 30 Ottobre, quando oramai il decreto Gelmini sarà legge (vi ricordo che già domani il decreto è al senato e sarà votato, presumibilmente, tra il 22 e 24 Ottobre)?

Facciamo appello dunque a tutti/e i docenti ed Ata, studenti, genitori e cittadini/e intenzionati a difendere e migliorare la scuola pubblica, perché scioperino nell’unico giorno efficace a disposizione, il 17 ottobre 2008, e partecipino alla Manifestazione Nazionale di Roma (Piazza della Repubblica, ore 10), collocandosi, con i propri simboli e bandiere, dietro lo striscione unitario “NO ALLA DISTRUZIONE DELLA SCUOLA”, firmato da “Il popolo della scuola pubblica”.

venerdì 10 ottobre 2008

Piero Bernocchi risponde per le rime al ministro Brunetta


Il ministro Brunetta a proposito degli insegnanti ha dichiarato: "I nostri insegnanti lavorano poco, quasi mai sono aggiornati e in maggioranza non sono neppure entrati per concorso, ma grazie a sanatorie. E poi 1.300 euro sono comunque due milioni e mezzo di vecchie lire, oggi l´insegnamento è part-time e come tale è ben pagato".

Gli ha risposto per le rime il nostro Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas della scuola: "Senti chi parla, Brunetta da docente universitario prende quattro volte lo stipendio di un insegnante di scuola e ha un orario molto più ridotto. Parla delle ore di insegnamento ma si scorda quelle che il docente impegna per preparare le lezioni, aggiornarsi e valutare gli studenti. La sua uscita bizzarra contribuirà al successo del nostro sciopero e della manifestazione del 17 ottobre a Roma".

giovedì 9 ottobre 2008

La distruzione della scuola pubblica in numeri

LA SCUOLA ASSEDIATA

Abbiamo denunciato i pesanti tagli alla scuola pubblica ad opera del ministro Gelmini e Tremonti. Vogliamo però mostrarvi i numeri di tale distruzione che inevitabilmente si ripercuoterà sulla qualità dell’Istruzione. Vi invitiamo dunque ad aprire questo [link] e ad analizzare nel dettaglio i numeri tratti dal “Piano programmatico del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze (di cui all’art. 64 dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 – Brunetta)” emanato il 26/09/2008.

Ne approfittiamo per ricordarvi che il 17 ottobre i Comitati di Base della Scuola hanno indetto una giornata di sciopero generale per fermare la “mattanza” della scuola pubblica. Partecipate ed invitate i colleghi a partecipare allo sciopero.