domenica 23 novembre 2008

Comunicato Stampa - Morto uno studente al Liceo “Darwin” di Rivoli

Ora diranno che si tratta di una “tragica fatalità”, ma noi non intendiamo accettare simili scuse.
E’ assurdo che un ragazzo muoia andando a scuola per negligenze altrui.
Altri ragazzi e ragazze hanno riportato ferite gravi.
Vogliamo dirlo ad alta voce: SIAMO INDIGNATI!!
Riteniamo che la morte a scuola per gravi carenze strutturali sia figlia delle politiche miopi e anche “criminali”, dei governi che hanno ritenuto di dover solo disinvestire sulla scuola senza preoccuparsi delle conseguenze.
Quei politici ignoranti che parlando di scuola dichiarano saccentemente che la scuola italiana costa
troppo, dovrebbero semplicemente vergognarsi!
Stiano almeno zitti, visto che non sanno ciò di cui vanno cianciando!
Lo abbiamo ripetuto tante volte: sulla scuola pubblica bisogna investire, è inaccettabile che ogni
legge finanziaria preveda tagli all’istruzione e alla messa in sicurezza degli edifici.
In Italia oltre il 40% delle scuole non possiede il certificato di agibilità statica; il 34,92% è stato
costruito prima del 1974 e il 13,42% tra il 1940 e il 1970.
La scuola è investimento sul futuro, ecco perché risparmiare sulla pelle degli studenti e dei lavoratori è criminale.
I Cobas Scuola Piemonte sono vicini ai genitori del ragazzo col nostro dolore di genitori e docenti,
così come siamo vicini agli studenti e agli insegnanti che rischiano anche loro la vita.
Ma gridiamo anche la nostra rabbia ai politici e ai ministri “mani di forbice”, che si vantano di
“migliorare la scuola” accanendosi su di essa con tagli feroci.
Non parlateci più di tagli, investite i soldi PUBBLICI nella scuola PUBBLICA per migliorarla e
renderla più sicura.
Domenica 23 novembre presidio ore 16,00 a Palazzo Nuovo

mercoledì 19 novembre 2008

Contrastare la politica scolastica della Gelmini e difendere il vero Tempo Pieno

Cosa intendiamo noi con il termine Tempo Pieno
Il Tempo Pieno è un modello di scuola nato sperimentalmente con la Legge 820 del 1971 e poi cresciuto nel ventennio successivo fino a coprire circa il 20% delle scuole elementari italiane.
La classe a tempo pieno funziona per 40 ore di scuola settimanali ed è affidata a due docenti
contitolari che hanno a disposizione 4 ore di compresenza.
Dal 1990 l’espansione del modello è stata bloccata e negli anni del ministro Moratti si è tentato di trasformare il Tempo Pieno in una somma di ore (27 obbligatorie + 3 facotative + fino a 10 per mensa e dopomensa) distruggendone di fatto l’impianto unitario. Le lotte dei genitori e degli insegnanti hanno permesso nella gran parte dei casi una resistenza che ha avuto successo e che ha poi trovato una sponda normativa nella nuova legge 176/2007: essa reintegra il Tempo Pieno come modello di scuola, anche se la sua esistenza rimane sempre subordinata alla disponibilità di organico.

Cosa intende il governo in carica con il termine Tempo Pieno
Le numerose uscite pubbliche del ministro Gelmini e di Berlusconi sul Tempo Pieno non devono ingannare: quello che hanno in mente non è il modello didattico a 40 ore con due insegnanti e compresenze! Questo è chiarissimo. Prima di tutto le compresenze nel loro progetto sono eliminate in ogni situazione ("Superamento delle attività di co-docenza", Schema di Piano Programmatico).
Poi il modello di scuola cui vogliono uniformare la scuola italiana è quello con il maestro unico o prevalente, quindi la titolarità della classe rimarrà a solo un docente che potrebbe insegnare al mattino. Infine l’arco temporale di funzionamento della classe a “Tempo pieno” modello Gelmini potrà arrivare a 40 ore ma potrà anche ridursi progressivamente avvicinandosi alle 30 settimanali (eventualmente integrate da interventi di privati finanziati dai genitori e dalle amministrazioni comunali o interamente a carico dei genitori).
Nelle conferenze stampa abbiamo avuto conferma che nel progetto dei legislatori le attività del mattino e quelle del pomeriggio non hanno pari dignità, ma che al pomeriggio gli alunni faranno i compiti e attività ricreative (“ore di lezione per fare i compiti […] il doposcuola dei nostri tempi”, Berlusconi, 22 ottobre 2008). In pratica quando Gelmini e Berlusconi parlano di Tempo Pieno intendono il Doposcuola degli anni Sessanta del secolo scorso: qualche compito, qualche gioco, un parcheggio che in alcuni casi potrà essere finanziato in parte con fondi pubblici, in parte a carico delle famiglie.

Come avverrà probabilmente il tentativo di applicazione di questi cambiamenti?
Presumibilmente nelle prossime settimane il governo tenterà di varare i regolamenti applicativi di questa legge. Il suo fine è rendere praticabile il taglio degli insegnanti previsto nei prossimi 3 anni (in realtà diventeranno 5 per completare il ciclo) nella legge 133.
In quali situazioni concrete ricadranno queste ondate annuali di tagli però non lo sa bene neppure il governo (e non è elemento che gli interessi minimamente). Infatti se riuscirà a rendere operativi i regolamenti per il periodo della destinazione di organico (pressappoco marzo) avrà raggiunto il suo scopo. Toccherà poi alla catena di comando suddividere questa quota insufficiente di insegnanti tra le regioni, tra le province e poi tra le singole istituzioni scolastiche. Sarà solo a quel punto che le scuole si ritroveranno a fare i conti con gli insegnanti in meno e a vivere la distruzione della scuola pubblica contro cui stiamo scendendo in piazza quotidianamente.

Facciamo l’esempio di una scuola con due sezioni a tempo pieno che quindi funziona quest’anno con 20 insegnanti di classe, un insegnante di religione, un insegnante specialista di inglese. Il prossimo anno sulla base del piano governativo potrebbe avere solo 18 insegnanti e perdere anche l’insegnante specialista. E’ evidente che in queste condizioni (senza contare l’aumento di alunni per classe) non si potrebbe parlare più di tempo pieno… Ma non per Gelmini-Berlusconi! Infatti nelle prime andrebbe un insegnante fisso al mattino a coprire 22 ore; la cancellazione delle compresenze di tutti gli altri docenti produrrebbe in tutto 32 ore che usate in collage sulle mense e sui pomeriggi delle prime porterebbe l’apertura a 38 ore. Le ultime due ore sarebbero agevolmente svolte dall’insegnante di religione senza preoccuparsi di chi decidesse di fare attività alternativa.
Un’altra sistemazione di questo Tempo Pieno alla Gelmini-Berlusconi potrebbe essere: 10 docenti prevalenti che fanno 22 ore in classe; 8 docenti che spalmerebbero le loro ore sui pomeriggi di 2 classi tra mensa e compiti; le ultime 4 ore come prima coperte dall’insegnante di religione oppure con una riduzione dell’orario pomeridiano delle classi prime di due ore un giorno alla settimana.
A tutto ciò si deve ovviamente aggiungere la problematica dell’inglese (insegnamento da parte dei non abilitati, corsi obbligatori, scambi acrobatici di classi per massimizzare l’utilizzo di chi ha l’abilitazione).
Come si vede questo caos organizzativo e didattico è lontanissimo dal Tempo Pieno della legge, ma è coerente con ciò che stanno promettendo dal governo: un becero doposcuola di pessima qualità.
Inoltre questa simulazione misura l’impatto del primo anno di tagli, ma a regime (cioè tra 5 anni) le cose andranno molto peggio: l’apertura pomeridiana dovrà passare in parte ai privati, oppure dovrà venire ridotta (ad esempio a 35 ore).

Cosa possiamo fare
Questa è una battaglia che non si vince da soli: o vinciamo tutti insieme e respingiamo il tentativo di distruggere scuola e università e di privatizzarle, oppure la mazzata sarà talmente grande sull’intera società che sarebbe risibile pensare alla salvezza della propria scuola o alla propria classe.
Però è anche vero che molte delle iniziative che si devono fare per contrastare questo attacco
vanno fatte a livello locale, scuola per scuola, genitore per genitori, per spiegare, contestare,
ostacolare lo zelo dei dirigenti e dei colleghi, pretendere i diritti che ancora ci rimangono e
denunciare chi ce li toglie ingiustamente.
Un momento fondamentale di questa battaglia si concentrerà in occasione delle iscrizioni, a partire dalle riunioni indette dai dirigenti, dalla formulazione dei modelli di iscrizione, dalla compilazione di modelli di garanzia per richiedere il Tempo Pieno secondo le caratteristiche della legge 176/2007 e per richiederne la conferma dove c’è attualmente, passando per iniziative di coinvolgimento (o contestazione) degli enti locali al fine di porre in evidenza le contraddizioni e le aberrazioni di questo progetto Gelmini-Tremonti.
I comitati che nel passato hanno praticato tale lotta sanno già che da dicembre diventerà quotidiana e che la sensibilizzazione anticipata dei genitori e degli insegnanti, la raccolta di contatti con i giornali locali, la pressione su assessori e dirigenti farà la differenza.

NON PAGHEREMO NOI LA VOSTRA CRISI
NO AL SALVATAGGIO DI BANCHE FRAUDOLENTE E SPECULATORI
USIAMO IL DENARO PUBBLICO PER SALARI, PENSIONI, SCUOLA, SANITA', SERVIZI
SOCIALI

12 DICEMBRE 2008 SCIOPERO GENERALE DELLA SCUOLA CON MANIFESTAZIONI REGIONALI E PROVINCIALI

• Per la cancellazione della legge 133 e della 169 (ex-decreto Gelmini) e il ritiro del ddl
Aprea
• No alla privatizzazione di scuola e Università
• No alla maestra unica e ai tagli, si all'aumento degli investimenti per la scuola pubblica
No all'espulsione dei precari, si all'assunzione su tutti i posti disponibili
• Contratto subito per docenti ed Ata, con il recupero di quanto perso nell'ultimo ventennio
• Diminuzione del numero di alunni per classe
• Riconoscimento dei diritti degli Ata ex-EELL
• Per il diritto di assemblea e la democrazia sindacale

martedì 18 novembre 2008

12 dicembre SCIOPERO GENERALE indetto da COBAS, CUB e SDL

Non pagheremo noi la vostra crisi

Dopo il grande successo dello sciopero generale e l'enorme numero di manifestanti (500 mila secondo quasi tutti i mezzi d'informazione) in piazza il 17 ottobre scorso, Cobas, Cub e SdL intercategoriale, le tre organizzazioni del sindacalismo di base e alternativo che hanno stipulato il Patto di Consultazione permanente, ritengono indispensabile che si giunga ad una seconda giornata di sciopero generale che esprima lo più ampia protesta dei lavoratori dipendenti pubblici e privati contro la Finanziaria e l'intera politica economica e sociale del governo Berlusconi.

Cobas, Cub e Sdl intercategoriale intendono anche rispondere positivamente alla corale richiesta proveniente dall'intero popolo della scuola pubblica (studenti, docenti, Ata, ricercatori, genitori e cittadini) per uno sciopero generale che sappia raccogliere la spinta del possente movimento in difesa della scuola e dell'Università pubbliche che oramai da settimane è incessantemente mobilitato.

Perciò Cobas, Cub e SdL convocano congiuntamente per il 12 dicembre lo sciopero generale per l'intera giornata di tutte le categorie contro la Finanziaria, i tagli e la privatizzazione di scuola e Università, per la cancellazione della legge 133 e della legge 169 (ex-decreto Gelmini), per usare il denaro pubblico per forti aumenti salariali e pensionistici, per scuola, sanità e servizi sociali e non per salvare banche fraudolente e speculatori, contro la precarietà e per l'abolizione delle leggi Treu e 30, per la sicurezza nei posti di lavoro, per la difesa del diritto di sciopero e il recupero dei diritti sindacali sequestrati dai sindacati concertativi.

Nella giornata del 12 dicembre le tre organizzazioni manifesteranno a livello regionale e provinciale,

cercando la massima unità con le mobilitazioni degli studenti

e del popolo della scuola pubblica che sarà in piazza in tutta Italia.