venerdì 19 dicembre 2008

Il maquillage obbligato del Piano Gelmini


Che le lotte di questi mesi abbiano avuto un forte impatto sulla società e sulla politica scolastica di Tremonti-Gelmini è dimostrato dai toni e dalle forme del Piano Gelmini, così come è stato presentato ieri.

Se guardiamo al senso generale del Piano per ciò che riguarda il primo ciclo non è certo il caso di entusiasmarsi. La ministra fotografa infatti così la nuova articolazione del suo progetto in materia:

"Non c'è alcuna marcia indietro. Non abbiamo cambiato idea sul maestro unico. Deve essere chiaro che il modello dei tre maestri su due classi non esiste più. Se le famiglie sceglieranno l'orario a 24 ore la classe avrà il maestro unico, se opteranno per l'orario più lungo esso sarà affiancato da altri maestri".

In quest'ultimo caso, aggiungiamo noi, si affermerà la maestra prevalente e cioè una simil-maestra unica affiancata da insegnanti di inglese o religione del tutto "marginali" nella conduzione della classe; mentre comunque spariranno i moduli e la "pari dignità" tra il gruppo docente delle tre maestre su due classi, insomma il modello didattito collaborativo e collegiale.

Sul piano generale finanziario e dei tagli complessivi il Piano presentato ieri prevede il varo di "misure compensative idonee a garantire i complessivi obiettivi di riduzione di 132 mila posti d lavoro", cioè il rispetto di quella "clausola di salvaguardia" dei tagli voluta da Brunetta-Tremonti per blindare l'ennesimo pesante taglio nella spesa per l'istruzione pubblica.

Tuttavia, sarebbe sbagliato sottovalutare come a tutto ciò si stia accompagnando non solo un significativo rallentamento dell'intero progetto distruttivo anti-scuola ma anche un'operazione di "maquillage" obbligato del Piano, che dimostra quanto abbia inciso il poderoso movimento del popolo della scuola pubblica e come il governo sia stato costretto a recepire l'impopolarità della propria impostazione di politica scolastica.

I tagli alle superiori, e segnatamente negli istituti tecnici, vengono rinviati di un anno almeno, così come l'aumento del numero massimo di alunni per classe e il ridimensionamento degli istituti. Resta il tempo prolungato alle medie inferiori e non c'è la riduzione per il sostegno all'handicap: e, più in generale, l'intero linguaggio relativo al tempo pieno e alla maestra unica viene riformulato e abbellito.

Dunque, gran parte dello scontro resta aperto, si dimostra che la lotta comunque paga, sopratutto se investe contemporaneamente l'intero ciclo scolastico, dalla materna all'Università, e con la partecipazione di tutti i protagonisti dell'istruzione pubblica. Sarà quindi decisivo mantenere in piedi e rafforzare il movimento in difesa dell'istruzione pubblica, affrontare con la maggior unità possibile tutti i prossimi passaggi, dalle iscrizioni al braccio di ferro sulle classi a tempo pieno, dai regolamenti attuativi alle misure sulle superiori. Di certo i Cobas saranno in prima fila per dare il proprio totale contributo in questa direzione

Cobas Scuola

lunedì 8 dicembre 2008

TELEX DA MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA' E RICERCA - GABINETTO

Prot. AOOUFGAB N. 9738/GM



AT DIRETTORI GENERALI UFFICI SCOLASTICI REGIONALI - LORO SEDI
AT DIRIGENTI UFFICI SCOLASTICI PROVINCIALI - LORO SEDI ROMA, 1 DICEMBRE 2008

Oggetto: COBAS - SCUOLA. SCIOPERO NAZIONALE DELLA SCUOLA PER IL 12 DICEMBRE 2008. COMPARTO SCUOLA.


SI COMUNICA CHE I COBAS (COMITATI DI BASE DELLA SCUOLA), "INDICONO PER IL GIORNO 12 DICEMBRE 2008 UNO SCIOPERO NAZIONALE PER L'INTERA GIORNATA PER TUTTO IL PERSONALE DELLA SCUOLA DOCENTE, DIRIGENTE ED ATA, DI OGNI ORDINE E GRADO, IN ITALIA E ALL'ESTERO".

L'AZIONE DI SCIOPERO IN QUESTIONE INTERESSA IL SERVIZIO PUBBLICO ESSENZIALE "ISTRUZIONE" DI CUI ALL'ART. 1 DELLA LEGGE 12 GIUGNO 1990, N. 146 E SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI E ALLE NORME PATTIZIE DEFINITE PER IL COMPARTO "SCUOLA", AI SENSI DELL'ART. 2 DELLA LEGGE MEDESIMA.

PERTANTO IL DIRITTO DI SCIOPERO VA ESERCITATO IN OSSERVANZA DELLE REGOLE E DELLE PROCEDURE FISSATE DALLA CITATA NORMATIVA.

NEL RICHIAMARE LA PARTICOLARE ATTENZIONE SULLA NECESSITA' DEL RISPETTO DELLA SUINDICATA NORMATIVA, SI PREGANO LE SS.LL., AI SENSI DELL'ART. 2, COMMA 6 , DELLA LEGGE 12 GIUGNO 1990, N. 146, E SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI, DI ATTIVARE, CON LA MASSIMA URGENZA, LA PROCEDURA RELATIVA ALLA COMUNICAZIONE DELLO SCIOPERO ALLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE E, PER LORO MEZZO ALLE FAMIGLIE ED AGLI ALUNNI, ED ASSICURARE DURANTE L'ASTENSIONE LE PRESTAZIONI RELATIVE AI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI COSI' COME INDIVIDUATI DALLA NORMATIVA CITATA.

SI PREGANO INOLTRE LE SS.VV. DI INVITARE I DIRIGENTI SCOLASTICI A FAR PERVENIRE I DATI RELATIVI ALLE ASTENSIONI DAL LAVORO DEL PERSONALE DEL COMPARTO, AI SENSI DELL'ART. 5 DELLA LEGGE 146/90, UTILIZZANDO IL SISTEMA INFORMATIZZATO DEL MINISTERO - HOME PAGE SITO WWW.MPI.IT RETE INTRANET - SEZIONE "QUESTIONARI E RILEVAZIONI", SELEZIONANDO LA VOCE "RILEVAZIONE SCIOPERI".

IL VICE CAPO DI GABINETTO
(Dr. Emanuele Fidora)

venerdì 5 dicembre 2008

Sabato prossimo 6 dicembre due manifestazioni, entrambe importanti.

Al mattino alle ore 9,30 un corteo partirà dallo stabilimento Thyssenkrupp

corso Regina Margherita 400 Torino a un anno esatto dall'omicidio di sette lavoratori,

da una strage creata e programmata dalla produzione e dal profitto padronale,

con la correità di quelle organizzazioni sindacali pronte a firmare di tutto

e a consentire turni e orari massacranti, con i lavoratori lasciati soli in balìa dell'inferno.

A un anno di distanza l'avvio di un processo con incriminazioni pesanti e adeguate

per i padroni della morte è sicuramente un fatto positivo ma che rischia di riprodurre una situazione

fin troppo nota e denunciata, ovvero l'abnegazione di una parte purtroppo minoritaria della

magistratura contrapposta ad uno scenario sociale devastante

anche perché soggiogato da forze politiche e sociali omologate e convergenti nella sottomissione

culturale e fisica al potere e nella rimozione, oscuramento e riproduzione di

tutte le più gravi contraddizioni.

Mentre è quotidiano l'elenco cadenzato e costante di nuovi omicidi sul lavoro, proprio in questi

giorni un'altra fabbrica molto simile alla Thyssen sta instradandosi in provincia

di Torino sulla via della dismissione e dell'abbandono.

Alla Teksid Aluminum di Carmagnola è stato da poco richiesta e prontamente concessa

una cigs in deroga per oltre 100 lavoratori che altro non è se non l'avvio di una procedura di

espulsione progressiva degli attuali circa mille lavoratori:

una scelta politica assolutamente indipendente dalla crisi finanziaria

conseguente alla decisione di non rinnovare impianti

e men che meno sistemi di sicurezza

ma di avviare lo stabilimento verso l'esaurimento.

I lavoratori di Carmagnola hanno probabilmente ancora alcuni "pochi" anni di lavoro,

nei quali lo scenario più probabile è uno stillicidio di fuoriuscite

con l'aumento proporzionale dei rischi e dello sfruttamento per chi resta.

E' una situazione fra tante, troppe.

Saremo in piazza il 6 dicembre per contrastare questi percorsi,

per agire ora e subito senza aspettare che altre tragedie si compiano.

Manifestazione NO TAV in Val di Susa

Al pomeriggio del 6 dicembre, a SUSA, alle ore 14.30

con un corteo da piazza della Stazione

il popolo della Valle e della opposizione a un altro progetto di morte, il TAV,

circonderà Susa ribadendo il secco e incondizionato NO

a tutte le grandi opere del profitto sulla pelle del lavoro, delle popolazioni, del territorio.

Dopo i proclami di Berlusconi e gli annunci del governo di voler procedere con la forza,

dopo l'alleanza trasversale del partito degli affari e delle speculazioni,

e dopo anche alcune ormai impacciate e desolanti defezioni dalla lotta da parte di amministratori locali

si vuole rendere chiaro e visibile a tutti che il NO TAV

è un progetto politico di difesa e riqualificazione ambientale e sociale del territorio

ampiamente condiviso dal popolo della valle

patrimonio ormai di tutti coloro che si battono contro l'ingiustizia e la sopraffazione.

Un appuntamento quindi molto importante,

decisivo per il rafforzamento e l'allargamento della battaglia.

Anche qui ci saremo e invitiamo ad esserci.

Il 12 si sciopera contro la politica scolastica del governo Berlusconi

Cari/e,
come saprete il 12 Dicembre ci sarà lo sciopero generale indetto dai Cobas e da tutto il sindacalismo di base (Cub e Sdl) e dalla Cgil.
E' una data fondamentale per tanti aspetti: la crisi che sta investendo i settori produttivi, i tagli previsti per i servizi essenziali (scuola, sanità,...) e, non ultimo, il taglio netto sui salari di tutti i lavoratori (vi ricordo che il nostro contratto è scaduto da 11 mesi e per il 2008 avremo un aumento di 8 EURO LORDI MENSILI I!!!)
E poi c'è la questione scuola che rimane ancora aperta: dovranno uscire i decreti attuativi (li pubblicheranno a dicembre durante le vacanze???), hanno ritardato le iscrizioni e c'è la possibilità di ripetere quello che abbiamo fatto con la Moratti (anche in quel caso la riforma era stata votata dal parlamento ma la grande mobilitazione di insegnanti, Atta, studenti e genitori la bloccò nell'attuazione).
I Cobas, assieme agli altri sindacati di base, hanno deciso di fare, per il 12 Dicembre, un corteo unitario con gli studenti medi e universitari.
Il concentramento è in piazza Vittorio (stessa piazza dove si concentrerà la Cgil) alle ore 9,30. ma il nostro corteo non finirà in piazza Castello per ovvi motivi: non abbiamo alcuna intenzione di ascoltare Panini (quello che fino a ieri ha condiviso i tagli alla scuola effettuati dai governi amici, quello che ha accettato la controriforma delle pensioni, la distruzione del contratto nazionale, ecc...) e non condividiamo la stessa piattaforma (chiediamo l'abrogazione delle leggi Brunetta e Gelmini non certamente la rinegoziazione per metterci d'accordo dove effettuare i tagli!!)
Il nostro corteo, assieme agli studenti che in questi mesi sono stati i protagonosti della lotta, supererà piazza Castello e arriverà sotto la sede dell'unione industriale per gridare forte: LA VOSTRA CRISI NON VOGLIAMO PAGARLA NOI!!!
In questo corteo, Il popolo della scuola pubblica sarà ben visibile e sfilerà dietro uno striscione unitario (senza sigle) aperto a tutti i lavoratori della scuola che condividono la nostra piattaforma.
Chiediamo, quindi, a tutti/e di partecipare alla manifestazione del 12 assieme allo spezzone di studenti, insegnanti, ata che hanno a cuore la scuola pubblica e che trovano intollerabile che il governo, mentre decide di investire somme stratosferiche per salvare le banche fraudolente e i banchieri corsari, continui a tagliare posti di lavoro, salari, scuola e servizi pubblici.
Ci vediamo venerdì 12 in Piazza Vittorio alle ore 9,30 (ci sarà, ben visibile, un camion con le bandiere Cobas, Cub e Sdl).

domenica 23 novembre 2008

Comunicato Stampa - Morto uno studente al Liceo “Darwin” di Rivoli

Ora diranno che si tratta di una “tragica fatalità”, ma noi non intendiamo accettare simili scuse.
E’ assurdo che un ragazzo muoia andando a scuola per negligenze altrui.
Altri ragazzi e ragazze hanno riportato ferite gravi.
Vogliamo dirlo ad alta voce: SIAMO INDIGNATI!!
Riteniamo che la morte a scuola per gravi carenze strutturali sia figlia delle politiche miopi e anche “criminali”, dei governi che hanno ritenuto di dover solo disinvestire sulla scuola senza preoccuparsi delle conseguenze.
Quei politici ignoranti che parlando di scuola dichiarano saccentemente che la scuola italiana costa
troppo, dovrebbero semplicemente vergognarsi!
Stiano almeno zitti, visto che non sanno ciò di cui vanno cianciando!
Lo abbiamo ripetuto tante volte: sulla scuola pubblica bisogna investire, è inaccettabile che ogni
legge finanziaria preveda tagli all’istruzione e alla messa in sicurezza degli edifici.
In Italia oltre il 40% delle scuole non possiede il certificato di agibilità statica; il 34,92% è stato
costruito prima del 1974 e il 13,42% tra il 1940 e il 1970.
La scuola è investimento sul futuro, ecco perché risparmiare sulla pelle degli studenti e dei lavoratori è criminale.
I Cobas Scuola Piemonte sono vicini ai genitori del ragazzo col nostro dolore di genitori e docenti,
così come siamo vicini agli studenti e agli insegnanti che rischiano anche loro la vita.
Ma gridiamo anche la nostra rabbia ai politici e ai ministri “mani di forbice”, che si vantano di
“migliorare la scuola” accanendosi su di essa con tagli feroci.
Non parlateci più di tagli, investite i soldi PUBBLICI nella scuola PUBBLICA per migliorarla e
renderla più sicura.
Domenica 23 novembre presidio ore 16,00 a Palazzo Nuovo

mercoledì 19 novembre 2008

Contrastare la politica scolastica della Gelmini e difendere il vero Tempo Pieno

Cosa intendiamo noi con il termine Tempo Pieno
Il Tempo Pieno è un modello di scuola nato sperimentalmente con la Legge 820 del 1971 e poi cresciuto nel ventennio successivo fino a coprire circa il 20% delle scuole elementari italiane.
La classe a tempo pieno funziona per 40 ore di scuola settimanali ed è affidata a due docenti
contitolari che hanno a disposizione 4 ore di compresenza.
Dal 1990 l’espansione del modello è stata bloccata e negli anni del ministro Moratti si è tentato di trasformare il Tempo Pieno in una somma di ore (27 obbligatorie + 3 facotative + fino a 10 per mensa e dopomensa) distruggendone di fatto l’impianto unitario. Le lotte dei genitori e degli insegnanti hanno permesso nella gran parte dei casi una resistenza che ha avuto successo e che ha poi trovato una sponda normativa nella nuova legge 176/2007: essa reintegra il Tempo Pieno come modello di scuola, anche se la sua esistenza rimane sempre subordinata alla disponibilità di organico.

Cosa intende il governo in carica con il termine Tempo Pieno
Le numerose uscite pubbliche del ministro Gelmini e di Berlusconi sul Tempo Pieno non devono ingannare: quello che hanno in mente non è il modello didattico a 40 ore con due insegnanti e compresenze! Questo è chiarissimo. Prima di tutto le compresenze nel loro progetto sono eliminate in ogni situazione ("Superamento delle attività di co-docenza", Schema di Piano Programmatico).
Poi il modello di scuola cui vogliono uniformare la scuola italiana è quello con il maestro unico o prevalente, quindi la titolarità della classe rimarrà a solo un docente che potrebbe insegnare al mattino. Infine l’arco temporale di funzionamento della classe a “Tempo pieno” modello Gelmini potrà arrivare a 40 ore ma potrà anche ridursi progressivamente avvicinandosi alle 30 settimanali (eventualmente integrate da interventi di privati finanziati dai genitori e dalle amministrazioni comunali o interamente a carico dei genitori).
Nelle conferenze stampa abbiamo avuto conferma che nel progetto dei legislatori le attività del mattino e quelle del pomeriggio non hanno pari dignità, ma che al pomeriggio gli alunni faranno i compiti e attività ricreative (“ore di lezione per fare i compiti […] il doposcuola dei nostri tempi”, Berlusconi, 22 ottobre 2008). In pratica quando Gelmini e Berlusconi parlano di Tempo Pieno intendono il Doposcuola degli anni Sessanta del secolo scorso: qualche compito, qualche gioco, un parcheggio che in alcuni casi potrà essere finanziato in parte con fondi pubblici, in parte a carico delle famiglie.

Come avverrà probabilmente il tentativo di applicazione di questi cambiamenti?
Presumibilmente nelle prossime settimane il governo tenterà di varare i regolamenti applicativi di questa legge. Il suo fine è rendere praticabile il taglio degli insegnanti previsto nei prossimi 3 anni (in realtà diventeranno 5 per completare il ciclo) nella legge 133.
In quali situazioni concrete ricadranno queste ondate annuali di tagli però non lo sa bene neppure il governo (e non è elemento che gli interessi minimamente). Infatti se riuscirà a rendere operativi i regolamenti per il periodo della destinazione di organico (pressappoco marzo) avrà raggiunto il suo scopo. Toccherà poi alla catena di comando suddividere questa quota insufficiente di insegnanti tra le regioni, tra le province e poi tra le singole istituzioni scolastiche. Sarà solo a quel punto che le scuole si ritroveranno a fare i conti con gli insegnanti in meno e a vivere la distruzione della scuola pubblica contro cui stiamo scendendo in piazza quotidianamente.

Facciamo l’esempio di una scuola con due sezioni a tempo pieno che quindi funziona quest’anno con 20 insegnanti di classe, un insegnante di religione, un insegnante specialista di inglese. Il prossimo anno sulla base del piano governativo potrebbe avere solo 18 insegnanti e perdere anche l’insegnante specialista. E’ evidente che in queste condizioni (senza contare l’aumento di alunni per classe) non si potrebbe parlare più di tempo pieno… Ma non per Gelmini-Berlusconi! Infatti nelle prime andrebbe un insegnante fisso al mattino a coprire 22 ore; la cancellazione delle compresenze di tutti gli altri docenti produrrebbe in tutto 32 ore che usate in collage sulle mense e sui pomeriggi delle prime porterebbe l’apertura a 38 ore. Le ultime due ore sarebbero agevolmente svolte dall’insegnante di religione senza preoccuparsi di chi decidesse di fare attività alternativa.
Un’altra sistemazione di questo Tempo Pieno alla Gelmini-Berlusconi potrebbe essere: 10 docenti prevalenti che fanno 22 ore in classe; 8 docenti che spalmerebbero le loro ore sui pomeriggi di 2 classi tra mensa e compiti; le ultime 4 ore come prima coperte dall’insegnante di religione oppure con una riduzione dell’orario pomeridiano delle classi prime di due ore un giorno alla settimana.
A tutto ciò si deve ovviamente aggiungere la problematica dell’inglese (insegnamento da parte dei non abilitati, corsi obbligatori, scambi acrobatici di classi per massimizzare l’utilizzo di chi ha l’abilitazione).
Come si vede questo caos organizzativo e didattico è lontanissimo dal Tempo Pieno della legge, ma è coerente con ciò che stanno promettendo dal governo: un becero doposcuola di pessima qualità.
Inoltre questa simulazione misura l’impatto del primo anno di tagli, ma a regime (cioè tra 5 anni) le cose andranno molto peggio: l’apertura pomeridiana dovrà passare in parte ai privati, oppure dovrà venire ridotta (ad esempio a 35 ore).

Cosa possiamo fare
Questa è una battaglia che non si vince da soli: o vinciamo tutti insieme e respingiamo il tentativo di distruggere scuola e università e di privatizzarle, oppure la mazzata sarà talmente grande sull’intera società che sarebbe risibile pensare alla salvezza della propria scuola o alla propria classe.
Però è anche vero che molte delle iniziative che si devono fare per contrastare questo attacco
vanno fatte a livello locale, scuola per scuola, genitore per genitori, per spiegare, contestare,
ostacolare lo zelo dei dirigenti e dei colleghi, pretendere i diritti che ancora ci rimangono e
denunciare chi ce li toglie ingiustamente.
Un momento fondamentale di questa battaglia si concentrerà in occasione delle iscrizioni, a partire dalle riunioni indette dai dirigenti, dalla formulazione dei modelli di iscrizione, dalla compilazione di modelli di garanzia per richiedere il Tempo Pieno secondo le caratteristiche della legge 176/2007 e per richiederne la conferma dove c’è attualmente, passando per iniziative di coinvolgimento (o contestazione) degli enti locali al fine di porre in evidenza le contraddizioni e le aberrazioni di questo progetto Gelmini-Tremonti.
I comitati che nel passato hanno praticato tale lotta sanno già che da dicembre diventerà quotidiana e che la sensibilizzazione anticipata dei genitori e degli insegnanti, la raccolta di contatti con i giornali locali, la pressione su assessori e dirigenti farà la differenza.

NON PAGHEREMO NOI LA VOSTRA CRISI
NO AL SALVATAGGIO DI BANCHE FRAUDOLENTE E SPECULATORI
USIAMO IL DENARO PUBBLICO PER SALARI, PENSIONI, SCUOLA, SANITA', SERVIZI
SOCIALI

12 DICEMBRE 2008 SCIOPERO GENERALE DELLA SCUOLA CON MANIFESTAZIONI REGIONALI E PROVINCIALI

• Per la cancellazione della legge 133 e della 169 (ex-decreto Gelmini) e il ritiro del ddl
Aprea
• No alla privatizzazione di scuola e Università
• No alla maestra unica e ai tagli, si all'aumento degli investimenti per la scuola pubblica
No all'espulsione dei precari, si all'assunzione su tutti i posti disponibili
• Contratto subito per docenti ed Ata, con il recupero di quanto perso nell'ultimo ventennio
• Diminuzione del numero di alunni per classe
• Riconoscimento dei diritti degli Ata ex-EELL
• Per il diritto di assemblea e la democrazia sindacale

martedì 18 novembre 2008

12 dicembre SCIOPERO GENERALE indetto da COBAS, CUB e SDL

Non pagheremo noi la vostra crisi

Dopo il grande successo dello sciopero generale e l'enorme numero di manifestanti (500 mila secondo quasi tutti i mezzi d'informazione) in piazza il 17 ottobre scorso, Cobas, Cub e SdL intercategoriale, le tre organizzazioni del sindacalismo di base e alternativo che hanno stipulato il Patto di Consultazione permanente, ritengono indispensabile che si giunga ad una seconda giornata di sciopero generale che esprima lo più ampia protesta dei lavoratori dipendenti pubblici e privati contro la Finanziaria e l'intera politica economica e sociale del governo Berlusconi.

Cobas, Cub e Sdl intercategoriale intendono anche rispondere positivamente alla corale richiesta proveniente dall'intero popolo della scuola pubblica (studenti, docenti, Ata, ricercatori, genitori e cittadini) per uno sciopero generale che sappia raccogliere la spinta del possente movimento in difesa della scuola e dell'Università pubbliche che oramai da settimane è incessantemente mobilitato.

Perciò Cobas, Cub e SdL convocano congiuntamente per il 12 dicembre lo sciopero generale per l'intera giornata di tutte le categorie contro la Finanziaria, i tagli e la privatizzazione di scuola e Università, per la cancellazione della legge 133 e della legge 169 (ex-decreto Gelmini), per usare il denaro pubblico per forti aumenti salariali e pensionistici, per scuola, sanità e servizi sociali e non per salvare banche fraudolente e speculatori, contro la precarietà e per l'abolizione delle leggi Treu e 30, per la sicurezza nei posti di lavoro, per la difesa del diritto di sciopero e il recupero dei diritti sindacali sequestrati dai sindacati concertativi.

Nella giornata del 12 dicembre le tre organizzazioni manifesteranno a livello regionale e provinciale,

cercando la massima unità con le mobilitazioni degli studenti

e del popolo della scuola pubblica che sarà in piazza in tutta Italia.

giovedì 30 ottobre 2008

I Fondi affondano!!!

LA VIA CRUCIS DEGLI ATA EX ENTI LOCALI In rosso i rendimenti dei fondi pensione, ma non si può abbandonare la nave che si inabissa

È vero: le bugie hanno le gambe corte. È proprio questo il caso dei fondi “pensione”.

Vi ricordate quando padroni, assicurazioni, istituzioni finanziarie e bancarie, governi e partiti di centrodestra e centrosinistra, sindacalisti di Cgil-Cisl-Uil-Ugl proclamavano ai quattro venti che l’unica possibilità per i lavoratori di salvare la propria pensione era

quella di aderire, versandovi il proprio Tfr, alla previdenza privata?

Adesso però pare che nessuno voglia assumersi la responsabilità del tracollo cui stanno andando incontro i fondi “pensione” (chiusi o aperti o individuali non fa grande differenza).

Nell’inserto economico de Il Corriere della Sera, Roberto Bagnoli, titolava “L’inflazione spinge il Tfr e manda i fondi al tappeto”, nel sottotitolo si legge che dal maggio 2007 al maggio 2008 mediamente i fondi di categoria hanno perso l’1,9%, mentre il Tfr si è apprezzato del 3,6% netto (qualche esempio: linea bilanciata dei metalmeccanici Cometa –5%; linea bilanciata azionaria dei chimici Fonchim –8,3%; linea bilanciata degli autoferrotranvieri Priamo –2,1%; linea bilanciata azionaria delle telecomunicazioni Telemaco -9,6%).

Il medesimo giornalista, neanche un mese dopo (lunedì 16 luglio 2008) sempre sull’inserto Corriere economia, rincara la dose ed il titolo del suo articolo è di questo tenore: “Fondi pensione, il rosso è più acceso”; nel testo esamina l’andamento dei fondi pensione chiusi (quelli gestiti da padroni e sindacati) riferito al primo semestre del 2008 e, corredato da ponderose ed inequivocabili tabelle, il risultato che ne vien fuori è a dir poco strabiliante: in soli sei mesi, 12 da gennaio a giugno di quest’anno, mediamente i Fondi di categoria hanno perso il 2,7%, mentre il Tfr ha guadagnato il 2%.

Dal 2000 al 2008 (nonostante il 2004, 2005, 2006 siano stati anni di vacche grasse per le borse), nessun Fondo pensione di categoria è riuscito a raggiungere il rendimento complessivo del Tfr: +27,7%.

Da ricordare anche che tra i vari fondi quelli che hanno registrato deficit più contenuti o il cui rendimento si è avvicinato di più a quello del Tfr sono i comparti a linee d’investimento garantite, quelle teoricamente meno rischiose; gli altri invece hanno avuto perdite molto più pesanti. Infatti tutti i fondi pensione esistenti si sono strutturati a gestione multicomparto secondo linee d’investimento di difficoltà crescente.

Anche il fondo pensione per i dipendenti della scuola pubblica, Espero (i cui rendimenti

però finora sono solo virtuali), alla fine del gennaio 2008 si è strutturato in due comparti: garanzia e crescita.

Ma leggiamo, dal sito di Espero, le informazioni relative ai comparti: “Con il comparto «garanzia», Espero si rivolge a quegli associati che fossero prossimi al pensionamento e/o a quegli associaticon nessuna propensione al rischio che preferiscono il mero mantenimento del patrimonio. L’obiettivo affidato al gestore che opera con strumenti

monetari è di conseguire risultati comparabili con il Tfr. Al gestore è chiesto comunque di assicurare almeno il valore nominale del patrimonio conferito. In questo caso la garanzia per l’aderente sarebbe di non perdere oltre l’inflazione. Il comparto «crescita» si rivolge invece a quegli associati che prediligono l’obiettivo di conseguire una crescita reale del loro investimento (recupero dell’inflazione +2%) come risultato medio annuo atteso in un orizzonte temporale non inferiore a cinque anni e sono disposti ad accettare anche rendimenti annuali negativi. Il portafoglio è comunque costruito per conseguire nel quinquennio risultati che con elevata probabilità neutralizzino le eventuali perdite di un dato periodo e consentano il dato positivo finale definito dall’obiettivo”.

Veramente incredibile la faccia di bronzo di sostenitori e spacciatori dei fondi.

Ma per quale motivo il lavoratore dipendente vicino alla pensione dovrebbe mollare il proprio Tfr (o - peggio ancora - l’ancor più conveniente Tfs se dipendente pubblico assunto entro il 2000) per una linea d’investimento che garantisca esclusivamente di avere un rendimento paragonabile (si badi non uguale) al Tfr, o che addirittura assicuri soltanto il valore nominale (senza perciò l’inflazione) di quanto investito? E per quale motivo il lavoratore


dipendente giovane dovrebbe giocarsi il proprio salario differito e una parte del proprio reddito, essere disposto anche a perdere per alcuni anni quelli che per lui sono un sacco di soldi, per inseguire la probabilità (si badi non la certezza) di un risultato positivo? A quando la proposta dei fondi salario?

Perché non arrivare, per pagare il lavoro, ad erogare a fine mese, invece dello stipendio un pacchetto di azioni ed obbligazioni? È uno scenario surreale?

Forse. Però, quando, nel pieno dell’estate, veniamo allietati dalla presentazione del libro verde del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, dal titolo involontariamente dadaista “La vita buona nella società attiva”, in cui viene caldeggiata la necessità di elevare, dopo il 2013, ancora una volta l’età pensionabile e ricorrere sempre più ai fondi pensione (altro che integrativi, ormai decisamente sostitutivi della previdenza pubblica definitivamente azzerata), a cui si aggiunge il grazioso omaggio dei fondi sanitari, allora la risata diventa un ghigno amaro.

Teniamo a sottolineare che la nuova legge che regolamenta i fondi pensione è stata varata dal governo Berlusconi nel 2005, suo massimo sponsor era stato l’allora ministro del lavoro, il leghista Roberto Maroni quindi quando Umberto Bossi, durante la campagna elettorale, cianciava di difendere il Tfr dei lavoratori per restituirlo ai suoi legittimi proprietari, dichiarava consapevolmente il falso; la legge sarebbe dovuta entrare in vigore a gennaio 2008, ma il governo Prodi ha ritenuto opportuno (“per movimentare l’asfittico mercato finanziario italiano”, come diceva l’ex ministro del lavoro Cesare Damiano) anticiparla al 2007; solo così, (come riconosce, nella sua relazione annuale, il presidente della Covip, società di vigilanza sui fondi pensione, Luigi Scimìa), un po’ di lavoratori ha abboccato all’amo e si è iscritto ai fondi pensione, altrimenti, dopo la crisi finanziaria partita nella scorsa estate in seguito allo scoppio della bolla speculativa dei mutui subprime Usa, nessuno sarebbe cascato in trappola.

Tutti, centrodestra e centrosinistra, Cgil-Cisl-Uil e Confindustria, banche e assicurazioni, hanno cercato di abbindolare lavoratori e lavoratrici; la truffa è aggravata dal fatto che, una volta iscritto ad un fondo pensione, il lavoratore non può più uscirne; ma questo era un particolare che a padroni, finanzieri, governi e sindacati di stato non interessava.

Adesso scoprono che, nonostante l’ossessivo tam tam pubblicitario orchestrato l’anno scorso (in buona parte con soldi pubblici) a favore dei fondi, si sono realizzate soltanto 700.000 nuove iscrizioni, per un totale complessivo di poco più del 20% di lavoratori iscritti, un fallimento rispetto all’obiettivo, sbandierato prima dal governo Berlusconi, poi dal governo Prodi, di raggiungere


4

il 40% di adesione ai fondi fra tutti i lavoratori dipendenti, e che il numero più basso di adesioni si riscontra proprio tra quei giovani per i quali i fondi sarebbero indispensabili.

Perciò, a partire dal ministro del lavoro Sacconi, dal presidente della Covip Scimìa e da

qualche sindacalista della Cgil come Morena Piccinini (che è la vice di Bombassei, alla presidenza dell’Assofondipensione, associazione che coordina e promuove i fondi pensione), cominciano a sostenere che è meglio eliminare il divieto di uscita dai fondi pensione, così magari più lavoratori si iscriveranno ai fondi.

Lo fanno per il proprio tornaconto, usando un linguaggio ambiguo, a volte repellente:

“Il successo della riforma è stato molto parziale e c’è bisogno di alcuni correttivi. Il fatto che il conferimento del Tfr alla previdenza complementare sia irreversibile ha spinto molti a rimandare questa decisione. È opportuno consentire qualche possibilità di uscita, per esempio dopo un determinato periodo e per i futuri accantonamenti, anche se per raggiungere risultati adeguati l’accumulo previdenziale deve essere continuativo” (Sacconi);

“Bisogna evitare soluzioni che consentano di uscire liberamente dal sistema ma si può consentire, a determinate condizioni, d’interrompere o sospendere il flusso di Tfr” (Scimìa).

Proprio democratici! Peccato che lo siano a posteriori, dopo aver combinato il guaio.

Ma noi vogliamo prenderli in parola, accettiamo la sfida, convinti che questa sia una battaglia da giocare sino in fondo, bisogna e si può vincerla.

Pertanto invitiamo tutti i lavoratori che malauguratamente siano cascati nella trappola-ergastolo dei fondi pensione a fare pressione e scontrarsi con i propri sindacalisti di riferimento (non è un caso che le adesioni ai fondi siano più numerose nelle aziende dove sono maggiormente presenti Cgil-Cil-Uil e che molto spesso i delegati Rsu si siano trasformati in promoter finanziari) e pretendere la cancellazione della clausola dell’irreversibilità e quindi la possibilità immediata di uscire dai Fondi pensione.


Il Tfr non va giocato alla roulette russa dei fondi pensione, se c’è qualche lavoratore che vuole provare il piacere del rischio, lo faccia per conto suo, chi invece, come Cgil-Cisl-Uil, si è trasformato in biscazziere e piazzista di fondi, è meglio che lasci perdere.


mercoledì 29 ottobre 2008

APPELLO PER UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE UNITARIA DI TUTTO IL POPOLO DELLA SCUOLA PUBBLICA:

LA VIA CRUCIS DEGLI ATA EX ENTI LOCALI

insegnanti, ata, studenti, genitori costruiamo assieme una giornata di mobilitazione nazionale a Roma per dire no alle politiche scolastiche del trio Gelmini-Tremonti-Brunetta e per difendere la scuola pubblica

L’anno scolastico 2008-2009 si è aperto sotto l’infausto segno dei catastrofici provvedimenti del governo Berlusconi, dei suoi ministri della scuola, dell’economia e della pubblica amministrazione che gareggiano per raccogliere tutto il peggio delle politiche scolastiche dei precedenti ministri Berlinguer, Moratti e Fioroni e assestare il colpo definitivo alla scuola pubblica, disgregandola, impoverendola e ridicolizzandola all’inverosimile.

L’unico obiettivo del governo (e anche della finta opposizione, che, quando ha governato, ha favorito non poco questa terrificante deriva) è il risparmio e la distruzione della scuola pubblica a tutto vantaggio di quella privata.

Mentre l’intero sistema finanziario e liberista è al tracollo, immiserendo ulteriormente milioni di italiani/e, il messaggio che si invia al popolo è: non ci sono soldi, bisogna tagliare la scuola pubblica, la sanità pubblica, le pensioni, lo stato sociale.

E' cosi arduo, invece, chiedere di abolire gli oltre 750 milioni di euro destinati alle scuole paritarie e tutti gli altri investimenti per le spese militari?

E' così arduo dire che prima di mettere in liquidazione migliaia di insegnanti, si sarebbe potuto fare cassa abolendo le province, riducendo gli stipendi ai parlamentari, elevando la tassazione sulle rendite finanziarie, aumentando la tassazione sulla pubblicità, eccetera , eccetera?

In questo mese e mezzo moltissime sono state le iniziative di lotta per fermare i decreti di Gelmini e Brunetta, culminate con lo straordinario corteo (e sciopero) del 17 Ottobre a Roma dove 500 mila docenti, Ata, studenti, genitori sono scesi in piazza perché hanno trovato intollerabile che dopo decenni di liberismo trionfante, si ammette che lo stato i soldi li ha ma che li vorrebbe investire tutti a difendere e finanziare banche e banchieri fraudolenti e pirateschi. Visto che i soldi ci sono investiamoli per aumenti salariali, per vere pensioni, per eliminare la piaga del precariato, per dare posti stabili, per investire nella Scuola e nella Sanità pubblica.

Oggi, 30 Ottobre, è un’altra importante giornata di mobilitazione che, assieme a quella del 17, dice chiaramente che il popolo della scuola è, nel suo complesso, contrario alle leggi berlusconiane.


Questo movimento di lotta in difesa della scuola pubblica che oltre ai sacrosanti NO, presenta anche una valanga di SI (rispondendo così anche alle faziose dichiarazioni fatte dal capo dello stato Napolitano dopo la manifestazione del 17).

• SI a massicci investimenti nella scuola pubblica,

• SI alla massima accoglienza di migranti e portatori d'handicap attraverso il potenziamento delle elementari e delle materne,

• SI a significativi aumenti salariali che portino al più presto docenti ed ATA a stipendi europei,

• SI all'assunzione dei precari, spremuti in questi anni come limoni, sottopagati e privati dei più elementari diritti di lavoratori,

• SI ad una scuola dell'accoglienza, che non discrimini, non separi, non minacci, non pensi di risolvere i problemi della didattica a colpi di 5 in condotta e grembiulini.

Però oggi é altrettanto necessario, anche all’interno del movimento,fare chiarezza:

Non è possibile accettare le posizioni di chi non solo condivide tutta la linea "di serietà" gelminiana, ma propone anche il maestro prevalente, le supplenze ammazza-precari (Snals); di chi è disposto a trattare sui tagli, cioè "tagli umanitari e concordati" ( Garavaglia , ministro ombra del PD "volevamo tagliare per 6 ml, loro sono arrivati a 8 e sopratutto non hanno voluto discutere con noi"); di chi annuncia il ritiro dello sciopero (del 30) in cambio di un invito berlusconiano a discutere come articolare i tagli (insomma, il modello Alitalia) e che afferma che si è stufato di perdere tempo con la scuola e vorrebbe "occuparsi di cose più importanti" (Bonanni); di chi non solo conferma la possibilità di revoca dello sciopero ma approva anche il modello-scuola di Gelmini, nonché forme di maestro prevalente e di rimodulazione dei tagli (Angeletti); di chi difende l’autonomia scolastica, la legge che oggi permette alla Aprea di fare il salto di qualità: le scuole come fondazioni private dirette da Consigli di amministrazione aziendale. Lo abbiamo denunciato e continueremo a farlo, l’autonomia scolastica ha aperto la strada alla privatizzazione della scuola e questi ultimi provvedimenti governativi stanno solo “chiudendo il cerchio”.

Chiunque si muova contro i tagli deve rendersi conto che l'obiettivo del movimento non può che essere l'abrogazione della legge 133 - dal quale è derivato il piano programmatico e deriveranno tutti i decreti e regolamenti che disciplineranno tali tagli - e l’abrogazione della legge Gelmini, che immiserirebbe un insegnamento che ha reso la scuola elementare italiana apprezzatissima nel mondo, tramite la pluralità docente che ha approfondito la conoscenza disciplinare e lo spirito di collaborazione.

Auspichiamo, quindi, che dopo lo sciopero generale e la manifestazione del 17 Ottobre a Roma e dopo questa ulteriore giornata di lotta nazionale del 30 Ottobre, si voglia UNITARIAMENTE costruire una grandissima manifestazione nazionale con una semplice ma chiara piattaforma:

• Abrogazione della legge 133 e della legge Gelmini

• Ritiro del disegno di legge Aprea

• No alla trattativa col governo Berlusconi per limitare il danno dei tagli

• Si a massicci investimenti nella scuola pubblica

• SI all'assunzione dei precari su tutti i posti disponibili

lunedì 27 ottobre 2008

LA MOBILITAZIONE PER DIFENDERE L'ISTRUZIONE PUBBLICA CRESCE E SI ESTENDE

Straordinaria la giornata di sciopero del 17 ottobre scorso organizzato da Cobas, Cub, SdL, massicciamente partecipato nella scuola, con punte massime nelle principali città, dove si è si è arrivati al 60-70% di adesione, e con la metà delle scuole chiuse, ma anche con significativi risultati nella Pubblica Amministrazione, nella Sanità e nella Università, in settori del lavoro privato, soprattutto nei trasporti.

Enorme la manifestazione di Roma: il corteo ha sfilato per più di 4 ore dimostrando la presenza di svariate centinaia di migliaia di persone.

Il popolo della Scuola Pubblica , studenti di tutte le età, docenti, Ata, genitori, si è imposto con la sua partecipazione massiccia, si è fuso con la marea di lavoratori del lavoro privato e pubblico.

Consistente la partecipazione al corteo di decine di migliaia di studenti medi e universitari. Quest'ulitimi, in particolare hanno dato (e continuano a dare) vita ad un grande e partecipato movimento diffuso in tutte le università italiane, che occupa le facoltà, blocca la didattica, manifesta per le vie delle città: oggi pomeriggio uno straordianrio sit-in di 20-30.000 persone (in prevalenza studenti universitari), davanti al senato dove è in discussione il decreto gelmini, ha fatto sentire il fiato sul collo ai rappresentanti del popolo.

Insomma, la protesta e la mobilitazione contro la distruzione dell'istruzione targata Berlusconi-Tremonti- Gelmini (ma con la sostanziale complicità del centrosinistra, come ci ha confermato stasera ad Anno Zero Veltroni difendendo i peggiori arnesi del centrosinistra: autonomia, riforma dei cicli di Berlinguer, premialità, ecc.) partita dalle scuole e sostenuta da lavoratori della scuola, da genitori, da studenti medi, da tanti cittadini, è dilagata nelle università assumendo dimensioni gigantesche e coinvolgendo ulteriori strati: dottorandi, ricercatori, docenti di ruolo. Appaiono molto precise le posizioni del movimento sia della scuola che dell'università:

- non vogliamo pagare la crisi delle banche e degli speculatori finanziari

- no alla trattativa col governo Berlusconi per limitare il danno dei tagli

- il governo deve ritirare i decreti Brunetta e Gelmini.

Se il governo vuole risparmiare, tagli le esorbitanti spese militari e quelle elefantiache per mantenere un sistema politico corrotto e che non rappresenta i cittadini italiani.

Il progetto berlusconiano di ridurre a puri simulacri la scuola e l'università statale per fare arricchire i gestori di quelle private non passerà.

Per approfondire e tenersi aggiornati sulle mobilitazioni:

www.cobas-scuola.it www.cespbo.it

domenica 26 ottobre 2008

LE PROPOSTE DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DELLE SCUOLE IN LOTTA

Si è riunita lo scorso 18 ottobre, a Roma, l'assemblea nazionale delle scuole in lotta contro le politiche berlusconiane che tendono a distruggere la scuola pubblica, promossa da un coordinamento di scuole romane in lotta.

Presenti complessivamente 200 persone circa, provenienti da una undici regioni (poco sud: Campania, Sicilia, Sardegna e molto centro-nord.

Numerosi gli interventi specialmente quelli dei docenti. Hanno preso la parola anche alcuni genitori e uno studente dell'università di Roma che ha invitato il movimento della scuola ad unirsi con quello dell'università perché gli obiettivi sono comuni. Tutti gli interventi dato un giudizio molto positivo sulls riuscita dello sciopero del 17 e hanno sostenuto la netta opposizione a quanto il governo Berlusconi sta facendo in campo scolastico. Diversificazioni sono emerse invece su tempi e modalità di prosecuzione della mobilitazione. L'assemblea, infatti, è stata caratterizzata da un vivace scontro tra una componente maggioritaria che fa riferimento ai Cobas e una minoritaria che fa capo alla sinistra Cgil: quest'ultima (camuffata sotto sigle di coordinamenti cittadini) si espressa per la partecipazione allo sciopero dei sindacati concertativi del prossimo 30 ottobre, (pur affermando che la piattaforma di indizione non è condivisibile) allo scopo di rovesciarne i contenuti e far emergere quelli più radicali del movimento. La maggioranza dei partecipanti non si riconosceva in questa posizione considerandola un mandato ai concertativi di andare a trattare col governo sui tagli. Vista l'impossibilità di far passare la sua posizione, sul finire della riunione, al momento di individuare le proposte largamente condivise emerse, la sinistra Cgil di Milano e Torino hanno abbandonato l'assemblea. In ogni caso i lavori sono proseguiti e sono uscite le seguenti proposte, che avanzeranno se ci sarà la volontà di sostenerle nelle varie realtà di lotta:

1) assemblee regionali e territoriali l'8 novembre;

2) una giornata nazionale di mobilitazioni il 15 novembre a carattere regionale e provinciale;

3) un'assemblea nazionale con gli studenti universitari e medi il 16 novembre a Roma;

4) una possibile manifestazione nazionale a Roma di tutto il popolo della scuola pubblica il 6 dicembre, sulla base anche di una stretta alleanza tra lavoratori scuola-università e studenti universitari e medi.

sabato 25 ottobre 2008

BERLUSCONI A SCUOLA DA COSSIGA (l'intervista integrale all'ex Presidente della Repubblica)

Una forcaiola e apparentemente delirante conferenza-stampa quella di ieri di Berlusconi, in teoria sul decreto Gelmini, in realtà centrata su una violenta dichiarazione di guerra al popolo della scuola pubblica - sceso in piazza in centinaia di migliaia venerdi scorso -, a chiunque si opponga alle politiche governative e alla stampa non "allineata".

Dopo una noiosa serie di amenità, il monarca di Arcore si è calato l'elmetto in testa, ha assunto toni di voce e cipiglio quasi mussoliniani ed ha annunciato che ordinerà al ministro degli Interni di assaltare, d'ora in poi, qualunque interruzione di lezioni nelle scuole e all'Università. Esattamente quanto chiedevano ieri in editoriali forcaioli "Il Giornale" e "Libero": quest'ultimo, sotto il titolo "Chiamate la polizia" invitava, in un editoriale di Renato Farina (sul libro paga dei servizi segreti), a stroncare fantomatici picchetti (previsti dal Farina davanti a tutte le scuole per domani) mediante "calci nelle parti molli degli studenti".

Berlusconi ha annunciato, dunque, uno stato di emergenza poliziesca e l'aggressione violenta di ogni corteo, occupazione o autogestione del popolo della scuola pubblica. E un attimo dopo, davanti ad una platea sbalordita, il capo del governo ha dichiarato guerra alla stampa non "allineata" che dedicherebbe "troppo spazio alle proteste di quattro gatti", usando un linguaggio simile a quello della giunta militare argentina dopo il golpe degli anni '70, quando nella prima conferenza minacciò la stampa democratica, invitandola ad abituarsi in fretta al nuovo clima antipopolare. "Avete quattro anni e mezzo per farci il callo" ha sibilato Berlusconi.

Perchè nel momento di massima popolarità (cosi ci ripete ogni giorno re Silvio) Berlusconi dichiara guerra a chi protesta? Ci pare evidente che il capo del governo è stato colpito non solo dal mezzo milione del corteo di venerdi scorso, promosso da Cobas, Cub e SdL, e dal dilagare della protesta nelle scuole e nelle università ma sopratutto dal tema centrale delle mobilitazioni di questi giorni: "Non pagheremo noi la vostra crisi". Milioni di lavoratori, pensionati, studenti si sono sentiti dire in questi giorni che i soldi ci sono, che lo Stato può sborsare somme enormi ma che le vuole dedicare al salvataggio di banche fraudolente e di industrie decotte: e si domandano perchè, invece, i soldi non vadano ad aumentare salari e pensioni, a potenziare scuola, sanità e servizi pubblici, unico modo per riavviare sul serio l'economia.

Ventiquattr'ore dopo Berlusconi, in un'altra conferenza stampa, dichiara che le sue dichiarazioni di ieri sono state fraintese e che lui non vuol mandare i poliziotti nelle scuole. Probabilmente non ha trovato consenso neanche nella sua maggioranza oppure vuole adottare i consigli che un esperto come Cossiga gli fornisce gratuitamente in una intervista apparsa sul Quotidiano Nazionale di oggi e che riportiamo di seguito, perché molto istruttiva sui metodi che i governi adottano per stroncare i movimenti.

BISOGNA FERMALI, ANCHE IL TERRORISMO PARTI' DAGLI ATENEI

INTERVISTA A COSSIGA di ANDREA CANGINI - ROMA

Presidente Cossiga, pensa che minacciando l`uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?

«Dipende, se ritiene d`essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché l`Italia è uno Stato debole, e all`opposizione non c`è il granitico Pci ma l`evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia».

Quali fatti dovrebbero seguire?

«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».

Ossia?

«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».

Gli universitari, invece?

«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che?

«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che...

«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti?

«Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no?

«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? "In Italia torna il fascismo", direbbero.

«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».

Quale incendio?

«Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università. E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».

E` dunque possibile che la storia si ripeta?

«Non è possibile, è probabile. Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».

Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.

«Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama...».

Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente...

«Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all`inizio della contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com`era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro. La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla... Ma oggi c`è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente».

Ecco il vero volto del sistema democratico: infiltrazione di provocatori per creare casino e far intervenire la polizia per massacrare chi si oppone.

Se Berlusconi vuole evitare l'allargamento del conflitto sociale spostando tutto sul piano dell'ordine pubblico, riproducendo i meccanismi che portarono alla distruzione dei movimenti degli anni'60 e '70, ebbene, nè gli studenti, nè l'intero popolo della scuola pubblica cadranno nella trappola: non faremo un passo indietro, la lotta nelle scuole e nelle università si intensificherà, ma l'eventuale violenza del governo andrà a vuoto e si ritorcerà contro chi la sta ideando e la vuole praticare.

venerdì 24 ottobre 2008

NUOVO ATTACCO ALLE PENSIONI DEI LAVORATORI DIPENDENTI

Suona ancora l'allarme per le pensioni dei lavoratori dipendenti che hanno o avranno al 31/12/2009, i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla normativa vigente. Ad alimentare tale preoccupazione è la proposta di legge a firma di Giuliano Cazzola (ex sindacalista della CGIL, ora deputato del PDL) presentata il 16 giugno 2008, avente lo scopo di applicare, per determinare l’ammontare della pensione, il sistema di calcolo contributivo anche nei confronti di quanti hanno già maturato il diritto al sistema di calcolo retributivo, potendo far valere un’anzianità retributiva al 31 dicembre 1995 pari o superiore a 18 anni.

L’estensione del sistema contributivo a tutti dal 2009, naturalmente, è penalizzante per ciascun lavoratore dipendente del privato e della pubblica amministrazione, in quanto comporta una riduzione dell'ammontare dell'assegno pensionistico.

giovedì 23 ottobre 2008

Berlusconi va alla guerra

Una forcaiola e apparentemente delirante conferenza-stampa quella di oggi di Berlusconi, in teoria sul decreto Gelmini, in realtà centrata su una violenta dichiarazione di guerra al popolo della scuola pubblica - sceso in piazza in centinaia di migliaia sabato scorso -, a chiunque si opponga alle politiche governative e alla stampa non "allineata".

Berlusconi ha iniziato, da principe dei cantastorie, tirando le orecchie alla Gelmini, "colpevole" di aver parlato di maestro unico, mentre all'orizzonte ci sarebbe addirittura una marea di maestre, intorno ad una "prevalente", una di informatica, una di inglese, una di religione e una di educazione fisica. Ma dopo una noiosa serie di amenità del genere, il monarca di Arcore si è calato l'elmetto in testa, ha assunto toni di voce e cipiglio quasi mussoliniani ed ha annunciato che ordinerà al ministro degli Interni di assaltare, d'ora in poi, qualunque interruzione di lezioni nelle scuole e all'Università.

Esattamente quanto chiedevano stamattina in editoriali forcaioli "Il Giornale" e "Libero": quest'ultimo, sotto il titolo "Chiamate la polizia" invitava, in un editoriale di Renato Farina, a stroncare fantomatici picchetti (previsti dal Farina davanti a tutte le scuole per domani) mediante "calci nelle parti molli degli studenti". Berlusconi ha annunciato, dunque, uno stato di emergenza poliziesca e l'aggressione violenta di ogni corteo, occupazione o autogestione del popolo della scuola pubblica.

E un attimo dopo, davanti ad una platea sbalordita, il capo del governo ha dichiarato guerra alla stampa non "allineata" che dedicherebbe "troppo spazio alle proteste di quattro gatti", usando un linguaggio simile a quello della giunta militare argentina dopo il golpe degli anni '70, quando nella prima conferenza minacciò la stampa democratica, invitandola ad abituarsi in fretta al nuovo clima antipopolare. "Avete quattro anni e mezzo per farci il callo" ha sibilato Berlusconi. Perchè nel momento di massima popolarità (cosi ci ripete ogni giorno re Silvio) Berlusconi dichiara guerra a chi protesta?

i pare evidente che il capo del governo è stato colpito non solo dal mezzo milione del corteo di venerdì scorso, promosso da Cobas, Cub e SdL, e dal dilagare della protesta nelle scuole ma sopratutto dal tema centrale delle mobilitazioni di questi giorni: "Non pagheremo noi la vostra crisi". Milioni di lavoratori, pensionati, studenti si sono sentiti dire in questi giorni che i soldi ci sono, che lo Stato può sborsare somme enormi ma che le vuole dedicare al salvataggio di banche fraudolente e di industrie decotte: e si domandano perchè, invece, i soldi non vadano ad aumentare salari e pensioni, a potenziare scuola, sanità e servizi pubblici, unico modo per riavviare sul serio l'economia. Berlusconi vuole evitare l'allargamento del conflitto sociale spostando tutto sul piano dell'ordine pubblico, riproducendo i meccanismi che portarono alla distruzione dei movimenti degli anni'60 e '70.

Ma nè noi, nè gli studenti, nè l'intero popolo della scuola pubblica cadranno nella trappola: non faremo un passo indietro, la lotta nelle scuole e nelle università si intensificherà, ma l'eventuale violenza del governo andrà a vuoto e si ritorcerà contro chi la sta ideando e la vuole praticare.