A nostra memoria, non era mai accaduto che un presidente della Repubblica - nemmeno Francesco Cossiga, il chè è tutto dire - intervenisse pesantissimamente, a "gamba testa" in linguaggio calcistico, in un conflitto sindacal-politico, come ha fatto ieri Napolitano, poco dopo la fine del gigantesco corteo di Roma (dalle 350 mila alle 500 mila presenze, a seconda dei commentatori) durante lo sciopero generale convocato dai Cobas, Cub e Sdl, con la presenza massiccia del popolo della scuola pubblica. Napolitano è corso in aiuto del governo, e in particolare della ministra Gelmini (che, frastornata dalle cifre dei partecipanti al corteo, era riuscita solo a replicare che i manifestanti non avevano capito e non erano ben informati), affermando, a proposito della politica scolastica berlusconiana, che "non si possono dire solo dei NO e non si può avere sempre paura dei cambiamenti". E questa sua esternazione è stata usata da tutta la stampa governativa in contrapposizione allo sciopero, alla manifestazione e alla ribellione generalizzata del popolo della scuola pubblica. Se nel metodo è d'obbligo pretendere che Napolitano resti nei limiti del suo ruolo e non si trasformi in sindacalista d'appoggio ai "berluscones", colpiscono ancor di più le sue parole se entriamo nel merito. Innanzitutto, perchè, al contrario, è bene avere paura, e molta, di una politica scolastica che vorrebbe razzisticamente discriminare gli alunni extracomunitari dagli italiani, cancellare duecentomila posti di lavoro, espellere in massa i precari, eliminare tutte le scuole con meno di 500 alunni e riesumare la vetusta figura della "maestra unica". E poi perchè il movimento di lotta in difesa della scuola pubblica, oltre ai sacrosanti NO, presenta anche una valanga di SI. SI a massicci investimenti nella scuola pubblica, SI alla massima accoglienza di migranti e portatori d'handicap attraverso il potenziamento delle elementari e delle materne, SI a significativi aumenti salariali che portino al più presto docenti ed ATA a stipendi europei, SI all'assunzione dei precari, spremuti in questi anni come limoni, sottopagati e privati dei più elementari diritti di lavoratori, SI ad una scuola dell'accoglienza, che non discrimini, non separi, non minacci, non pensi di risolvere i problemi della didattica a colpi di